Femminicidio di Cinzia Pinna, ora gli inquirenti vogliono sentire la fidanzata di Ragnedda. Spunta l’ipotesi dei complici


Una storia di bugie che si srotola minuto dopo minuto. È quanto emerge dalle dichiarazioni di Emanuele Ragnedda, 41enne reo confesso dell’omicidio di Cinzia Pinna, la 33enne scomparsa l’11 settembre a Palau e uccisa nella sua tenuta vitivinicola ad Arzachena. Per giorni, Ragnedda ha raccontato versioni contraddittorie e false, tentando di depistare le indagini. Alla fine ha ammesso l’omicidio, cercando però di giustificarsi e di screditare la vittima con una narrazione che punta a evocare la legittima difesa. Una spiegazione che non ha convinto la gip Marcella Pinna, che ha convalidato il fermo disponendo il carcere per omicidio volontario e occultamento, aggravati dall’uso di arma da fuoco. Non solo, ora gli inquirenti sentiranno anche la fidanzata di Ragnedda per cecare di far luce sull’accaduto.
Il ruolo della fidanzata di Ragnedda
Gli investigatori hanno deciso di ascoltare anche la fidanzata di Ragnedda, titolare di uno dei locali più frequentati a San Pantaleo. Dal suo cellulare emergono chiamate effettuate nei giorni successivi all’omicidio, tra cui una verso il giardiniere coinvolto nell’inchiesta, il 26enne milanese, che potrebbe rappresentare una delle prime falsità raccontate dall’indagato.
Le bugie di Ragnedda
Il 21 settembre, nove giorni dopo la scomparsa di Cinzia, Ragnedda dichiara di non conoscerla, sostenendo di averla vista «di sfuggita». Ma la telecamera di sorveglianza racconta un’altra versione: un fotogramma delle 4:02 dell’11 settembre mostra Cinzia salire nella sua auto. Il giorno successivo, 22 settembre, Ragnedda coinvolge un giardiniere di 26 anni, sostenendo che lo avrebbe aiutato a nascondere il cadavere dopo una serata trascorsa insieme. Tuttavia, durante l’interrogatorio di convalida, ammette di aver agito da solo. Il giardiniere, conosciuto in Gallura grazie ad amicizie comuni, resta indagato per occultamento di cadavere, e i suoi legali valutano la possibilità di chiedere un interrogatorio.
La presunta aggressione da parte di Cinzia Pinna e il secondo telefono
Ragnedda sostiene poi di essere stato aggredito da Cinzia, citando un coltello e una ferita al braccio. Gli accertamenti non confermano né l’uno né l’altro. Inoltre, gli investigatori osservano che, se fosse stato davvero aggredito, l’uomo avrebbe potuto cercare aiuto o fuggire, mentre invece ha impugnato la pistola e sparato da distanza ravvicinata. Solo nel quarto interrogatorio Ragnedda cita un secondo telefono, acquistato dopo la rottura del primo il 4 settembre, e dice di averlo consegnato a un amico dopo l’omicidio. Gli investigatori stanno cercando di recuperarlo, convinti che possa contenere elementi rilevanti per la ricostruzione dei fatti.
L’ipotesi dei complici
Nonostante le dichiarazioni dell’indagato, restano irrisolti diversi misteri: pantaloni e biancheria intima di Cinzia risultano spariti, così come il cellulare. La sua risposta – «Non ricordo» – lascia aperta l’ipotesi che altre persone abbiano partecipato a far sparire gli effetti della vittima. Non si esclude nemmeno la pista di una violenza consumata o tentata.