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L’aiuto di Trump dietro gli attacchi alle raffinerie in Russia, la guerra sulla benzina di Putin: «Così i prezzi schizzano alle stelle»

12 Ottobre 2025 - 10:57 Giulia Norvegno
Raffineria russa
Raffineria russa
L'ultimo attacco con droni in territorio russo è avvenuto a 1.400 km dal confine ucraino. Si tratta del terzo raid in un mese contro strutture energetiche russe

Ci sarebbe l’aiuto concreto degli Stati Uniti dietro gli attacchi delle forze ucraine a centrali elettriche e raffinerie di petrolio russe. Secondo il Financial Times che cita fonti informate, da diverse settimane Kiev riceve informazioni dall’intelligence americana per colpire risorse energetiche russe. Tra queste ci sono anche raffinerie di petrolio oltre la linea del fronte. Gli attacchi farebbero parte di una strategia più ampia, che punta a colpire l’economia russa. «Questo sostegno si è intensificato da metà estate – riporta il Finalcial Times – gli attacchi di Kiev hanno fatto schizzare alle stelle i prezzi dell’energia in Russia e costretto Mosca a tagliare le esportazioni di gasolio e a imporrare carburante».

L’ultimo attacco a 1.400 km dal confine ucraino

I droni del Servizio di Sicurezza ucraino (SBU) hanno colpito all’alba dell’11 ottobre una raffineria di petrolio nella Repubblica russa del Bashkortostan, provocando esplosioni e un vasto incendio, come riporta il Kyiv Independent. L’attacco, che ha preso di mira l’impianto Bashnafta-UNPZ di Ufa, si inserisce nella più ampia strategia di Kiev di colpire le infrastrutture energetiche russe, pilastro economico che sostiene lo sforzo bellico del Cremlino. Secondo le prime informazioni, le esplosioni sarebbero avvenute nell’area di lavorazione del greggio ELOU-AVT-6, da cui si è alzata una densa colonna di fumo nero. Squadre di pompieri sono intervenute sul posto, ma l’entità dei danni non è ancora stata confermata. Il Ministero della Difesa russo ha affermato di aver abbattuto cinque droni ucraini ad ala fissa in Bashkortostan nella stessa giornata, ma non ha fornito dati su eventuali vittime o perdite materiali.

Il terzo attacco in un mese: il crollo della produzione russa

L’impianto colpito si trova a circa 1.400 chilometri dalla linea del fronte, e rappresenta uno dei principali centri di produzione di carburanti e lubrificanti destinati alle forze armate russe. Si tratta del terzo attacco in un mese contro strutture energetiche della regione: lo stesso tipo di droni a lungo raggio aveva già colpito, il 18 e il 24 settembre, il complesso Gazprom Neftekhim Salavat, mentre il 12 settembre un raid dell’intelligence militare (HUR) aveva danneggiato la raffineria Bashneft-Novoyl, sempre a Ufa.

Il comandante in capo delle forze armate ucraine, Oleksandr Syrskyi, ha dichiarato l’11 ottobre che la capacità di raffinazione russa sarebbe diminuita del 21% a causa dei raid mirati dell’SBU e dell’HUR. La riduzione della produzione ha già provocato carenze di benzina in diverse regioni della Federazione, costringendo Mosca ad aumentare le importazioni di carburante per stabilizzare il mercato interno.

L’inverno in arrivo e la guerra delle infrastrutture

Da parte sua, la Russia ha intensificato i bombardamenti contro le infrastrutture energetiche ucraine: il 10 ottobre, un’ondata di droni e missili ha causato blackout diffusi a Kiev e in altre città, nel tentativo di indebolire la capacità energetica del Paese in vista dell’inverno. Secondo una fonte citata da Ukrinform, l’attacco di Ufa rappresenta un messaggio strategico: «Non esistono più luoghi sicuri nelle retrovie della Federazione Russa. L’SBU può raggiungere qualsiasi obiettivo in territorio nemico che contribuisca all’aggressione contro l’Ucraina».

Gli effetti sul mercato globale

Gli attacchi alle raffinerie russe rischiano di avere ripercussioni globali sul mercato del petrolio. La Russia è tra i principali esportatori mondiali di greggio e derivati: una riduzione del 20-21% della sua capacità di raffinazione potrebbe comportare un aumento temporaneo dei prezzi internazionali del petrolio, in particolare se il conflitto dovesse prolungarsi o estendersi a nuove aree industriali.

Le carenze interne di carburante già segnalate in alcune regioni russe potrebbero trasformarsi in un problema macroeconomico, costringendo Mosca a dirottare risorse per l’importazione di prodotti raffinati e aggravando la pressione sull’economia, già indebolita dalle sanzioni occidentali.

Per l’Europa, ricorda il Messaggero, che ha ridotto la dipendenza energetica dal greggio russo ma resta esposta alla volatilità dei mercati, gli effetti potrebbero tradursi in nuove oscillazioni dei prezzi alla pompa e in una maggiore incertezza energetica con l’arrivo della stagione invernale.