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Francesco Gianello: il 14enne morto di tumore e il medico che gli prescriveva argilla e anti-infiammatori

21 Ottobre 2025 - 07:48 Alessandro D’Amato
francesco gianello tumore teoria hamer
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Francesco Gianello è morto nel 2024 a causa di un tumore. Aveva 14 anni. I suoi genitori Luigi Gianello e Martina Binotto sono a processo in Corte d’Assise a Vicenza. Perché hanno ritardato diagnosi e terapie, secondo il pm. Cercando di curare il figlio con la “dottrina Hamer”. Ovvero quella varata da un medico tedesco e che finora non ha curato nessuno, anche se in compenso ha ucciso molti. Difesi dagli avvocati Lino e Jacopo Roetta, oggi in un’intervista al Corriere della Sera raccontano la loro vicenda. A partire dal sarcoma che ha ucciso Francesco.

La diagnosi e le “cure”

«A dicembre 2022, forti dolori alla gamba. Dopo una risonanza magnetica andiamo al Rizzoli di Bologna», dice Luigi per raccontare come hanno scoperto la malattia del figlio. Lì la diagnosi. «Pensi: “si stanno sbagliando, adesso vado a letto, mi sveglio e domani torna tutto come prima”», dice il padre. «Come quando prendi uno schiaffo e non sai se riesci a stare in piedi», risponde la madre. Programmano biopsia e Pet. Poi le disdicono. Perché il dottor Matteo Penzo «ci ha detto che con la biopsia c’è il rischio che la malattia si possa espandere. Non dovevamo farla, insisteva». Loro vanno «a Padova, da Penzo. Segue le teorie di Hamer, dice che la malattia ha un senso biologico. Basta individuare il conflitto che è all’origine. Per l’osteosarcoma al femore, va capito se Francesco sta vivendo una situazione che non riesce a sopportare. E noi pensiamo al fatto che era finito fuori squadra a calcio, allo scontro con un insegnante… a me che sono esigente, sulla scuola. Penzo attribuiva anche a me la colpa».

La teoria di Hamer

Luigi Gianello dice che aveva un libro di Hamer. Invece Penzo l’aveva sentito solo alla radio: «Mi sono affidato a lui perché mi dava una forma di speranza. Se avessimo risolto il conflitto, Francesco sarebbe stato meglio, diceva. Secondo Hamer, quando spunta la malattia vuol dire che il conflitto è già in fase di guarigione. La chiamiamo malattia ma, dice, è un sintomo di guarigione». Il dottore gli fa escludere la chemioterapia: «Diceva che non serviva…». Per il tumore gli prescrive «argilla e anti-infiammatori». E poi: «Dopo una nuova risonanza magnetica, Penzo ha detto che l’osso si stava ricostruendo, risolvendo… Ho pensato: “tra un po’ Francesco ricomincia a camminare”».

Il dottor Penzo e le teorie di Hamer

Penzo «per un rinforzo psichico oltre che fisico ci dà due nominativi: Pierre Pellizzari e la moglie Imma Quaranta. Li incontriamo a Padova e poi in un centro in Toscana». Ovvero Valdibrucia, dove si sponsorizzano proprio i percorsi di auto-guarigione di Hamer. «Si stava all’aperto, al sole, alimentazione curata, massaggi, esercizi per la muscolatura, bagni rilassanti…». Poi la situazione precipita. E vanno a Perugia, dove si affidano ai medici e fanno chemio e radio: «Ormai la situazione era chiara, se fosse stata chiara anche prima, avremmo agito diversamente. Non abbiamo mai agito con l’intenzione di fare un danno a nostro figlio. Il dolore e le sofferenze patite, da noi e dal fratello Filippo, che per 10 mesi è stato privato di sua mamma, sono intrasmissibili. Non si può rendere l’idea di cosa succede quando ti trovi ad affrontare situazioni così. A Bologna non abbiamo avuto l’aiuto psicologico di cui avevamo bisogno».

Le cure palliative

Poi il ritorno a casa e le cure palliative. Ma sentono ancora Penzo: «Sì. Diceva che non servivano a niente, che così Francesco non era più cosciente e non poteva risolvere il conflitto». E ora dicono: «Andate negli ospedali. Potete anche seguire Hamer, ma negli ospedali. Non affidatevi esclusivamente a lui. Questa cosa l’ho imparata». La madre: «Stare alla larga da Hamer. E se vuoi fare qualcosa, non farlo per i tuoi figli, fallo per te stesso, non per altri. Non puoi dare consigli di questo genere, assolutamente no».

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