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Strage di Castel d’Azzano, i familiari chiedono chiarezza: «Capire cosa non ha funzionato nel blitz»

21 Ottobre 2025 - 13:05 Alba Romano
strage Castel D'Azzano
strage Castel D'Azzano
Il fratello di Marco Piffari incarica un legale: «Nessuna accusa preventiva, ma vogliamo risposte». Indagini ancora in corso sull’esplosione e sul ruolo dei fratelli Ramponi

A una settimana dalla tragedia di Castel d’Azzano, dove tre carabinieri hanno perso la vita nell’esplosione del casale dei Ramponi, emergono i primi dubbi dei familiari delle vittime. Daniele Piffari, fratello del luogotenente Marco Piffari, ha affidato un incarico legale all’avvocato Davide Adami per «capire cosa non ha funzionato» la notte del 14 ottobre. «Non stiamo puntando il dito contro nessuno – precisa il legale ripreso dal Corriere – ma è necessario fare chiarezza sulle modalità del blitz, su come è stata pianificata la perquisizione e su quali informazioni avevano i militari prima di entrare nell’abitazione». Tre carabinieri – Marco Piffari, Davide Bernardello e Valerio Daprà – sono morti nell’esplosione, mentre altri ventisei tra carabinieri e agenti sono rimasti feriti. Un poliziotto, operato a Villafranca, è ancora ricoverato ma non in pericolo di vita.

«Qualcosa non ha funzionato»

L’avvocato Adami invita alla prudenza, ma ammette che restano molte domande aperte. «Non ho ancora potuto leggere gli atti d’indagine, quindi non posso esprimere giudizi – spiega – ma è evidente che qualcosa non ha funzionato. L’obiettivo della famiglia è solo capire la verità e fare in modo che una tragedia simile non accada più». Sui social, intanto, cresce il dibattito tra cittadini e colleghi delle vittime. «Tutti si stanno facendo le stesse domande», aggiunge il legale.

I fratelli Ramponi sotto accusa per la strage

Intanto, prosegue l’inchiesta sui tre fratelli Ramponi, accusati di strageresistenza a pubblico ufficiale e detenzione di esplosivi. Maria Luisa Ramponi, che secondo gli inquirenti avrebbe innescato l’esplosione accendendo un fiammifero in un ambiente saturo di gas, è ancora ricoverata in terapia intensiva all’ospedale di Borgo Trento. Franco e Dino Ramponi si trovano invece nel carcere di Montorio, in celle separate. Il difensore di Dino, l’avvocato Fabio Porta, ha chiesto di «differenziare le posizioni» dei tre fratelli: «Il mio assistito ha spiegato di non vivere più nel casale. Dormiva in giacigli di fortuna e non partecipava alla gestione dell’abitazione. È importante chiarire i rapporti familiari e il ruolo preciso di ciascuno». Porta valuterà nei prossimi giorni se presentare ricorso al tribunale del riesame. «Ho una settimana di tempo – spiega – e deciderò dopo aver incontrato Dino in carcere per illustrargli i pro e i contro».

Le indagini sul casale

Sul luogo dell’esplosione, i rilievi dei carabinieri e dei vigili del fuoco proseguono senza sosta. Il casale resta sotto sequestro: si dovrà accertare se, oltre al gas, siano presenti altre sostanze che possano aver contribuito all’esplosione. Solo quando il pubblico ministero darà il via libera, si potrà valutare il destino dell’edificio, già finito all’asta e probabilmente destinato alla demolizione. Intanto, le famiglie dei tre militari chiedono che la loro morte non resti vana. «Vogliamo solo sapere la verità», ribadisce il legale di Piffari.

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