Stardust, la startup dei record che vuole raffreddare la Terra deviando i raggi del Sole: tra gli investitori c’è anche la famiglia Agnelli

Per alcuni è una soluzione più che promettente per fermare il riscaldamento globale, per altri niente di più di un’idea stravagante e pericolosa. Fatto sta che c’è chi sulla geoingegneria solare — ossia quell’insieme di tecnologie ipotizzate per contrastare il riscaldamento globale riflettendo una parte della luce solare verso lo spazio — è disposto a investirci parecchi soldi. Tra di loro c’è anche Exor, la holding della famiglia Agnelli, che figura tra gli investitori di Stardust Solutions, una startup fondata tra Israele e Stati Uniti tra le più promettenti del settore.
I due fisici israeliani dietro Stardust
Dietro la fondazione di Stardust — che è registrata nel Delaware, negli Stati Uniti, ma ha la propria sede fuori da Tel Aviv — ci sono Yanai Yedvab e Amyad Spector, entrambi fisici nucleari che in passato hanno lavorato per il governo israeliano. L’obiettivo della loro ultima creatura è tanto ambizioso quanto controverso: sviluppare una tecnologia brevettata di modificazione della radiazione solare — in inglese, solar radiation modification — che permetta, in modo «sicuro, responsabile e controllabile», di riflettere parte della luce solare per tenere sotto controllo il riscaldamento globale.
Si tratta, insomma, di una soluzione che rientra appieno sotto l’ombrello della cosiddetta geoingegneria solare, che punta a contrastare l’avanzata dei cambiamenti climatici non tagliando le emissioni di anidride carbonica ma evitando che i raggi solari scaldino il pianeta.
La raccolta fondi da 60 milioni e l’aiuto degli Agnelli
Nei giorni scorsi, Stardust Solutions ha annunciato un round di finanziamento da 60 milioni di dollari, una cifra record nel campo della geoingegneria, che si aggiungono agli altri 15 milioni di dollari raccolti in precedenza. A finanziare la startup israelo-americano sono diverse società statunitensi (Future Ventures, Never Lift Ventures, Starlight Ventures, Nebular, Lauder Partners) e britanniche (Attestor, Kindred Capital e Orion Global Advisors), ma anche la tedesca Earth.now, la francese Future Positive Capital e — scrive Politico — anche Exor, la holding della famiglia Agnelli.
I primi test sul campo per riflettere i raggi solari
La somma raccolta nei giorni scorsi consentirà a Stardust Solutions di passare dalla fase di laboratorio e prototipo ai test veri e propri sul campo. Innanzitutto, avviando i primi esperimenti controllati all’aperto, in cui le particelle riflettenti verranno testate in condizioni reali per misurarne gli effetti. La startup israeliana sostiene che le sue particelle siano in grado di riflettere la luce solare e raffreddare il pianeta nello stesso modo in cui già lo fanno i detriti delle eruzioni vulcaniche. A differenza di questi ultimi, però, il sistema di Stardust non si accumulerebbe negli esseri umani o negli ecosistemi e non costituirebbe alcun rischio di piogge acide o danneggiamento per lo strato di ozono in atmosfera.
I primi test, che potrebbero partire nella primavera del 2026, consisteranno nel rilasciare le particelle riflettenti da un aereo che sorvolerà a circa 18 chilometri di altezza sopra il livello del mare. Sul medio termine, Stardust punta a preparare articoli accademici sul suo prodotto, ottenere i brevetti e convincere quanti più governi possibile a scegliere la sua tecnologia come una delle soluzioni alla crisi climatica.
Tutti i timori degli esperti sulla geoingegneria solare
Progetti come quello di Stardust sono da anni al centro di un acceso dibattito tra gli esperti di fisica e climatologia. Lo statunitense James Hansen, ex capo del centro studi sul clima della Nasa e tra i padri della scienza del clima, sostiene che la geoingegneria non solo è una soluzione valida, ma rischia di diventare una delle ultime carte a disposizione per scongiurare le conseguenze più devastanti del riscaldamento globale.
Una quota consistente di esperti si oppone a questa visione, per ragioni etiche ma anche scientifiche. Modificare la radiazione solare e interferire con l’atmosfera può sì raffreddare il pianeta, ma apre anche a una serie infinita di altre conseguenze imprevedibili su piogge, correnti d’aria e meteo in generale. La toppa potrebbe rivelarsi peggio del buco.
Foto copertina: Pixabay/Ken Lecoq
