La Corte Suprema mette in dubbio i poteri d’emergenza di Trump sui dazi: in bilico la politica commerciale della Casa Bianca

Un fronte inedito si è aperto davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti: una maggioranza di giudici, inclusi alcuni di nomina conservatrice, ha espresso scetticismo sull’uso dei poteri d’emergenza da parte del presidente Donald Trump per imporre dazi sulle importazioni provenienti da quasi tutti i partner commerciali di Washington. Come riporta il New York Times, si tratta di una decisione che potrebbe avere conseguenze economiche e politiche enormi per le imprese americane, i consumatori e la strategia commerciale dell’amministrazione.
I chiarimenti sulla logica dei dazi
Durante l’udienza di oggi, mercoledì 5 novembre, i giudici Amy Coney Barrett e Neil Gorsuch — entrambi nominati da Trump — si sono uniti ai colleghi liberal nel mettere in dubbio la legittimità della misura, considerata un pilastro del secondo mandato del presidente. Barrett ha chiesto chiarimenti sulla logica dei dazi “across the board”: «È vostra convinzione che ogni Paese dovesse essere colpito dai dazi per ragioni di difesa o di sicurezza industriale? Voglio dire, Spagna? Francia? Spiegatemi perché così tanti Paesi dovrebbero essere soggetti a questa politica».
La legge del 1977 invocata da Trump
Al centro del caso c’è l’uso dell’International Emergency Economic Powers Act del 1977, una legge pensata per consentire al presidente di reagire a «minacce straordinarie» alla sicurezza nazionale. Trump l’ha invocata per imporre unilateralmente tariffe su più di cento Paesi, sostenendo di voler ridurre il deficit commerciale e rilanciare la manifattura americana. È il primo presidente in quasi cinquant’anni a interpretare la norma in questo modo. L’amministrazione ha difeso la scelta affermando che non si tratta di esercitare «il potere di tassare», ma di «regolare gli affari esteri». L’aumento delle entrate doganali sarebbe così solo «incidentale». Trump, che ha definito il caso «letteralmente, vita o morte per il nostro Paese», ha ribadito che senza quei poteri d’emergenza «gli Stati Uniti sarebbero praticamente indifesi contro nazioni che da anni approfittano di noi». Contro i dazi si sono schierati dodici Stati e centinaia di piccole imprese, tra cui importatori di vino e produttori di giocattoli educativi, che denunciano un aumento dei prezzi e tagli al personale.
I giudici a favore dell’amministrazione Trump
Non tutti i membri della Corte, però, si sono mostrati contrari all’amministrazione. I giudici Brett Kavanaugh e Samuel Alito hanno difeso l’ampiezza dei poteri presidenziali in materia economica, con Kavanaugh che ha sollevato un punto pragmatico: perché il Congresso avrebbe dovuto concedere al presidente il potere di interrompere completamente il commercio, ma non quello — più limitato — di imporre un dazio dell’1%?
L’ipotesi di smantellare gli accordi commerciali
Un’eventuale sconfitta per l’amministrazione potrebbe costringere la Casa Bianca a smantellare gli accordi commerciali siglati con decine di Paesi e rimborsare miliardi di dollari agli importatori. Il governo ha avvertito che un tale esito potrebbe provocare «una crisi economica simile alla Grande Depressione». Il caso è arrivato alla Corte Suprema dopo che tre corti inferiori hanno dichiarato illegittimi i dazi, sostenendo che la legge del 1977 non autorizza il presidente a introdurre misure così ampie. «Ogni volta che il Congresso ha voluto delegare al presidente il potere di imporre dazi, lo ha fatto in modo esplicito», ha scritto la Corte d’Appello federale in una sentenza dello scorso agosto. Il verdetto definitivo, atteso nelle prossime settimane, segnerà un momento cruciale per l’equilibrio dei poteri negli Stati Uniti. Se la Corte dovesse limitare l’uso dei poteri d’emergenza in ambito commerciale, l’intera architettura della politica economica di Trump potrebbe essere costretta a una profonda revisione.
