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Le legge sui rider? Soluzione vecchia per il lavoro che cambia

15 Gennaio 2019 - 15:38 Francesco Seghezzi
I rischi di un'iniziativa di governo che lavora sull'emergenza (mediatica), invece che affrontare il tema più ampio di come sta cambiando il lavoro 

Tra pochi giorni il governo presenterà la normativa per regolare il contratto dei rider. Lo ha annunciato con un brevissimo comunicato stampa il Ministero del lavoro proprio nei giorni in cui il tema è tornato al centro del dibattito dopo la sentenza della Corte d'Appello di Torino. Sentenza che ribaltava il primo grado concedendo ai ciclofattorini diverse tutele proprie del lavoro subordinato.

Quello dei rider si inserisce nel più ampio tema della cosiddettagig economy, un complesso insieme di modelli economici e tipologie di lavoro che spaziano dal settore dei trasporti a quello dei servizi a domicilio (non solo di consegna di cibo), fino alle piattaforme di crowdsourcing, dove professionisti e freelance possono offrire i loro servizi e le imprese richiederli.

Fenomeni nuovi, soprattutto in Italia dove sono soprattutto limitati proprio al settore della consegna di cibo a domicilio. Ma fenomeni in espansione, e che rischiano di mettere in seria difficoltà i fondamenti del diritto del lavoro di molti Stati. Una domanda su tutte sembra attanagliare tanto i tribunali quanto gli esperti: i lavoratori della gig economy sono lavoratori subordinati o sono autonomi? Qualcuno si spinge ad immaginare la necessità di una nuova categoria che si ponga a metà tra quelle tradizionali, quasi che basti un espediente normativo per catturare quell'immensa zona grigia che oggi caratterizza i nuovi lavori.

Di fronte a questa complessità sembra quantomeno affrettata la scelta del governo di una norma che regoli il settore. Anche perché si tratterebbe di regolare solo il mondo del food delivery (come si scrive nel comunicato stampa) lasciando fuori tutti gli altri lavori della gig economy. Procederemo con una legge ogni volta che si porrà a livello mediatico un nuovo caso rider? Il rischio è questo. Come ci si pone, ad esempio, di fronte a chi consegna a domicilio, sempre tramite piattaforma digitale, altri prodotti? E tutti gli altri servizi alla persona che mettono in contatto consumatore e lavoratore tramite una piattaforma come le pulizie domestiche o il baby-sitting?

Insomma, la complessità è enorme. Sarebbe meglio aspettare e iniziare ad affrontare il tema più ampio di come sta cambiando il lavoro e di come consentire a tutti i lavoratori che si trovano a metà strada tra il lavoro subordinato e quello autonomo tutele ma allo stesso tempo garantendo loro gli spazi di libertà che desiderano. Il governo sottolinea che l'Italia sarebbe il primo Paese a procedere per via legislativa su questo fronte, non se ne sente quindi l'urgenza.

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