Caporalato, arresti a Latina: «Migranti in condizioni disumane»

Stranieri sfruttati nei campi agricoli. Tra gli arrestati anche il segretario provinciale della Fai Cisl e un ispettore del lavoro

Sono tutti italiani i sei arrestati – tra cui due donne che avevano il compito di reclutare la manodopera, un ispettore del lavoro e un sindacalista – , a Latina, per sfruttamento del lavoro, intermediazione illecita nel lavoro, estorsione, corruzione, fittizia intestazione di beni, trasferimento fraudolento di valori e dichiarazione infedele. La squadra mobile di Latina, in coordinamento con gli uomini del Servizio Centrale Operativo diretto da Alessandro Giuliano, ha smantellato, dopo circa tre anni di indagini, un’associazione per delinquere.


Sotto le mentite spoglie di una cooperativa agricola – la Agri Amici Società Cooperativa di Sezze -, si celava in realtà un’agenzia di reclutamento che assumeva operai prevalentemente nordafricani e rumeni e li costringeva a lavorare anche dodici ore al giorno, dopo averli stipati in furgoni della Cooperativa in numero doppio rispetto alla capienza del mezzo e trasportati da un paese all’altro.


Secondo gli inquirenti la cooperativa funzionava come un’agenzia interinale e distribuiva i lavoratori tra centinaia di aziende agricole che avevano monopolizzato il settore nelle province di Latina, Roma, Frosinone e Viterbo. L’indagine ha avuto inizio alla fine del 2017, a seguito degli interventi disposti dal Servizio Centrale Operativo nell’ambito dell’operazione “Freedom”, finalizzata al contrasto del fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro.

I controlli hanno permesso di rilevare la presenza in alcune zone della città di folti gruppi di stranieri, in attesa – fin dalle prime ore della mattina – di essere trasportati nei campi in pulmini sovraffollati, senza adeguate misure di sicurezza. I braccianti provenivano anche dai centri di accoglienza straordinaria ed erano in attesa del riconoscimento della protezione internazionale.

Le indagini hanno portato al sequestro di 5 abitazioni, 3 depositi, 3 appezzamenti di terreno, 9 autovetture, 36 tra furgoni e camion, 1 società cooperativa, 4 quote societarie e numerosi rapporti bancari, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro.

Gli operai, assunti in estrema condizione di bisogno, provenivano anche dai Cas, i centri di accoglienza straordinaria: erano cioè in attesa del riconoscimento della protezione internazionale. Nel momento in cui accettavano il lavoro e quindi le condizioni precarie cui erano sottoposti, erano anche costretti a tesserarsi al sindacato (Fai Cisl) innescando così un rapporto di connivenza e coperture tra il sindacato stesso e la cooperativa.

La retribuzione era di quattro euro l’ora e senza versamento dei contributi, e veniva quindi meno alla paga stabilita dal contratto nazionale che ne prevede circa dieci l’ora. Le forze dell’ordine hanno sequestrato una quarantina di automezzi 5 abitazioni, 3 depositi, 3 appezzamenti di terreno, 9 autovetture, una società cooperativa e quattro quote societarie, e numerosi rapporti bancari per un valore complessivo di 4 milioni di euro – tra cui 500 mila euro di denaro liquido – in relazione alle indagini patrimoniali svolte.

Sono finiti in manette anche il segretario provinciale della Fai Cisl, Marco Vaccaro, e un ispettore del lavoro accusati entrambi di corruzione, per essere venuti meno ai loro compiti e aver indebitamente profittato sul meccanismo di recluta dei braccianti. Sulla vicenda è intervenuto anche Roberto Saviano che sul suo profilo Twitter ha condiviso parole contro Salvini.

Il fenomeno del caporalato si estende da Nord a Sud, e costituisce una delle piaghe del nostro Paese. Secondo il rapporto Agromafie e caporalato, pubblicato dall’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil nel luglio scorso, sono tra i 400 e i 430 mila i lavoratori soggetti a caporalato e lavoro irregolare. Di questi, 132 mila sono considerati altamente vulnerabili. Lo studio copre sette regioni italiane: Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia. Solo 300 mila persone sono state messe in regola nel 2017, appena il 28% del totale.

Nel bergamasco, dove troviamo 6.500 aziende agroalimentari, lo stipendio medio si aggira tra i 20 e 30 € al giorno a fronte di un orario medio che va da 8 a 12 ore di lavoro al giorno. Per un lavoro a cottimo la paga è di 3-4 € in media per un cassone da 375 kg. Anche in questi casi troviamo discriminazioni di genere, le donne percepiscono infatti un salario inferiore del 20%. L’orario medio va da 8 a 12 ore di lavoro al giorno.

«Il caporalato è una piaga vera. È schiavitù. Ogni sfruttamento dei lavoratori, ogni lesione della dignità umana, va combattuto dallo Stato in modo severo, senza nessuna esitazione. L’attenzione delle Istituzioni deve essere massima. Grazie alla Squadra mobile di Latina e al Servizio centrale operativo della Polizia di Stato per il lavoro fatto», ha dichiarato il presidente della Camera Roberto Fico. Anche Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, si è espressa sulla vicenda del caporalato a Latina condividendo un post su Twitter.