Perché il Decreto dignità è un trampolino per il reddito di cittadinanza

I nuovi dati Inps ci dicono che diminuisce il lavoro a tempo, aumentano le domande di disoccupazione e crescono le trasformazioni a tempo indeterminato (dall’inizio dell’anno). Analisi sugli effetti del Decreto Dignità e sui legami con il reddito di cittadinanza.

Diminuiscono i contratti temporanei ed aumentano le domande di disoccupazione. Due dati che sembrerebbero distanti ma che raccontano del rapporto che potrebbe instaurarsi tra decreto Dignità e reddito di cittadinanza.


Capire i dati di cui parliamo

L’Inps ha diffuso i dati sui contratti di lavoro aggiornati a novembre 2018 attraverso il suo "Osservatorio sul precariato" insieme ai dati sulle richiesta di disoccupazione. Si tratta di dati importanti e molto attesi perché è proprio dal mese di novembre che il Decreto Dignità è pienamente in vigore. Ma non sono dati semplici, come tutti quelli che riguardano i flussi dei rapporti di lavoro.


La prima cosa da dire è che non stiamo parlando di numeri sugli occupati ma di contratti, e non è la stessa cosa. Sappiamo infatti che un singolo occupato può avere più contratti all’interno dello stesso anno. Così si capisce come possano convivere i quasi sette milioni di contratti stipulati nei primi undici mesi del 2018 con la crescita occupazionale certificata da Istat di poche decine di migliaia di lavoratori.

Gli effetti del Decreto Dignità sul lavoro temporaneo

Fatta questa premessa arriviamo al dunque: cosa ci dicono i dati sugli effetti del decreto Dignità? Rispetto alle nuove assunzioni, a novembre c’è stato un calo evidente dei contratti a termine, innanzitutto. Se a novembre 2017 erano stati 266mila un anno dopo sono diminuiti a 215mila, un calo di 50mila unità. Stessa dinamica per i contratti di somministrazione che sono passati da 111mila a 78mila.

Perché il Decreto dignità è un trampolino per il reddito di cittadinanza foto 1

Se quindi l’obiettivo era quello di diminuire i contratti a tempo questo sembra essere stato raggiunto, almeno nel primo mese di vita del Decreto. Ma il secondo obiettivo era quello di aumentare parallelamente i contratti a tempo indeterminato, se così non fosse la legge non farebbe altro che diminuire il numero complessivo dei contratti di lavoro.

Rispetto alle assunzioni a tempo indeterminato la situazione del 2018 (88mila) è rimasta la stessa del 2017 (86mila). È cresciuto invece il numero delle trasformazioni di contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. Nei primi 11 mesi del 2018 infatti si è passati da 21mila a 43mila. Una crescita importante che però non sembra compensare il calo dei contratti a tempo. Siamo a +23mila contro -84mila. Non si tratta di occupati ma di contratti, servirà l’Istat nei prossimi mesi per mostrare l’impatto sul l’occupazione, che al momento non sembra essere stato significativo.

Perché il Decreto dignità è un trampolino per il reddito di cittadinanza foto 2

Perché crescono le trasformazioni?

Ma questi numeri non bastano per spiegare tutto. Infatti se allarghiamo lo sguardo a tutto il 2018 scopriamo una dinamica interessante. Se il calo dei contratti a termine e di somministrazione coincide con l’approvazione del Decreto Dignità, l’aumento delle trasformazioni verso i contratti a tempo indeterminato è una dinamica in corso dall’inizio dell’anno. E l’INPS fornisce due spiegazioni.

La prima è legata al bonus assunzione per i giovani under 35 previsto dal Governo Gentiloni e confermato dall’attuale Governo. Su 186mila trasformazioni in più tra gennaio e novembre 2018 sono 53mila quelle che hanno beneficiato del bonus. La seconda spiegazione dell’Inps è che nel 2018 giungevano a scadenza i contratti a termine stipulati nel 2015, anno in cui abbiamo assistito ad un vero e proprio boom del lavoro a termine complice il Decreto Poletti e il venire meno (a partire dall’inizio del 2016) dei contratti a progetto.

Questo avrebbe portato le imprese, messe di fronte alla possibilità di trasformare o chiudere il rapporto, a scegliere di trasformare una parte di queste persone. Questo spiega il perché le trasformazioni aumentano da gennaio e non da quando è in vigore il Decreto Dignità, sebbene si può notare a novembre una lieve accelerazione.

Aumentano le domande di disoccupazione in attesa del reddito di cittadinanza

Ma c'è un elemento ancora più interessante ed è quello dell'aumento del 5,2% delle domande di disoccupazione a novembre 2018. Si tratta probabilmente dell'anticamera del reddito di cittadinanza, sappiamo infatti che lo stato di disoccupazione sarà un requisito per poter ricevere il reddito a partire da aprile.

Le imprese potrebbero sentirsi più tranquille nel non confermare i contratti in scadenza perché sanno che il reddito di cittadinanza potrà tamponare le condizioni economiche dei nuovi disoccupati. E i lavoratori che perdono il lavoro potrebbero rallentare la ricerca di una nuova occupazioni portandosi avanti con i requisiti per avere il reddito. Rischiamo insomma un cortocircuito che solo i prossimi mesi potranno chiarire.

Dati complessi insomma. Che ci mostrano come la battaglia dei numeri sul lavoro sia un terreno difficile e che suggeriscono prudenza nel festeggiare o nel distruggere, perché bisogna ricordarsi che dietro ad ogni contratto c’è l singola esperienza di un lavoratore. E ci mostrano soprattutto che pensare di risolvere i problemi del mercato del lavoro concentrandosi solo sulle leggi può portare ad effetti indesiderati o comunque imprevedibili.

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