Scritte omofobe contro uno studente. I compagni si ribellano e tappezzano la scuola di cartelli: «Siamo tutti froci»

È successo in un istituto alberghiero di Brindisi. Il Preside a Open: «Sono orgoglioso di loro»

Una giornata cominciata male, anzi malissimo, si è trasformata in una giornata da ricordare. Il protagonista è Andrea (nome di fantasia), uno studente dell'Istituto alberghiero di Brindisi. Il 7 febbraio è arrivato a scuola e si è ritrovato davanti una scritta sul muro, fatta con lo spray: «Andrea frocio». È entrato per non vederla, ma niente: ce n'era un'altra anche sulle scale. A quel punto però è successo qualcosa di inaspettato. I compagni di scuola hanno fatto quadrato, come si dice in questi casi: qualcuno si è messo a cancellare le scritte, qualcun altro ha preso fogli e pennarelli e ha cominciato ad attaccarli : «Siamo tutti froci». «I ragazzi sono stati velocissimi. Quando sono arrivato a scuola le scritte non c'erano già più e, mi creda, la cosa mi ha fatto un enorme piacere: i nostri alunni arrivano spesso da contesti sociali, economici e culturali non facili. Vedere una reazione così netta e unanime mi ha fatto capire che stiamo andando nella direzione giusta», dice a Open il preside dell'Istituto, Vincenzo Antonio Micia.


I cartelli sono stati solo il primo atto della protesta: «I ragazzi si sono organizzati sui social – racconta ancora Micia –  hanno organizzato un'assemblea nel parco che ospita la nostra scuola a cui hanno invitato tutti gli studenti della nostra provincia: l'8 febbraio c'è stata una manifestazione spontanea di un paio d'ore, in cui molti hanno preso la parola per dare solidarietà al ragazzo che era stato insultato. Sono state testimonianze forti, segno che ci sono dei valori radicati in cui credono». Grazie alla solidarietà di tutti, Andrea ha avuto la forza per reagire: «È rimasto colpito nel vedere che il 99,9% dei ragazzi e delle ragazze era dalla sua parte. Per me che sono il preside questo è motivo di orgoglio: nella nostra scuola studiano oltre 100 studenti diversamente abili; abbiamo fatto dei corsi per gli immigrati con le associazioni di volontariato; i nostri ragazzi cucinano per la Caritas. Insomma, cerchiamo di insegnare la cultura della diversità e dell'accoglienza e a quanto pare lo stiamo facendo bene».


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