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Tiziano e Laura Renzi, chi sono i genitori dell’ex premier ai domiciliari

19 Febbraio 2019 - 16:23 Alessandro Parodi
Le società del padre e della madre di Matteo Renzi in una storia che parte dalla provincia toscana e arriva al cuore del potere italiano 

Tiziano Renzi e Laura Bovoli. Vicini ai settanta. Marito e moglie, quattro figli. Due maschi e due femmine. Un paesino nella provincia di Firenze. Rignano sull’Arno, ottomila abitanti, la provincia. Lei insegnante. Lui consigliere comunale a Rignano per 5 anni, dal 1985 al 1990 con la Democrazia Cristiana, dal 1999 al 2002 con il Partito Popolare Italiano, che nel 2001 è confluito ne La Margherita. Oltre la politica, è a capo di alcune società che forniscono servizi. Quindi cosa fa? Se chiedi chiarimenti in paese, spesso rispondono cose tipo “trafficone”. Fra i figli maschi di Tiziano e Laura ce n’è uno che si si chiama Matteo e, a proposito di suo padre, dichiarerà ai giornalisti: «Ha molte idee, pure troppe».

Matteo Renzi nel 2004 si candida alle elezioni per la presidenza della provincia di Firenze con il centrosinistra, quota Margherita. E vince. Con quasi il 60% delle preferenze. Da lì inizia la sua ascesa. Nel 2009 viene eletto sindaco di Firenze. Nel 2010 è già un personaggio di primo piano della politica italiana: lancia la rottamazione della classe dirigente del centrosinistra italiano. Nel 2012 partecipa alle primarie per la guida dello stesso centrosinistra alle elezioni politiche del 2013. Perde contro Luigi Bersani, ma perde bene. È votatissimo nelle regioni rosse, lui, che viene da una formazione DC.

I genitori nel frattempo cosa fanno? Laura è andata in pensione e ha cominciato ad affiancare il marito nelle attività dell’azienda di famiglia. Di cosa si occupi l’azienda di famiglia continua a essere poco chiaro: marketing, pubblicità, comunicazione, eventi, fornitura di servizi, distribuzione di giornali, personale per le cooperative.

Dopo la sconfitta alle primarie del 2012 l’ascesa di Matteo è inarrestabile. Diventa prima segretario del Partito Democratico, nel 2013, poi presidente del Consiglio nel 2014. È l’uomo del momento. È il presidente del consiglio più giovane della storia repubblicana. Quando nel 2014 il Partito Democratico sfiora il 41% dei consensi, per tutti Matteo è il padrone del Paese. In molti dicono che è il nuovo Berlusconi, che rimarrà al potere per vent’anni. Pessimi profeti.

Intanto Tiziano, con le sue società multiformi, è inciampato in un procedimento penale. Nel 2014 è indagato dalla procura di Genova per bancarotta fraudolenta. Nel 2016 il procedimento verrà archiviato, ma è in quel momento che Tiziano Renzi fa la sua comparsa sulla scena nazionale. Da distributore di giornali, sui giornali comincia a comparire. E ci arriva come Tiziano, il babbo di Renzi, il presidente del Consiglio.

Matteo è a Palazzo Chigi e lui non è tipo da giardinetti. Fa cose, vede persone. Anche persone che forse non sarebbe opportuno vedere, con cui non sarebbe il caso di andare a cena, parlare, visto il lavoro che fa Matteo. Cosa faccia Laura, cosa Laura dica, non è dato sapere. Matteo è da 2 anni alla presidenza del Consiglio dei ministri quando scoppia il caso Consip.

Tiziano ha incontrato imprenditori che chiedono favori, dicono le indagini: è indagato per “traffico di influenze esterne”, che vorrebbe dire che ha utilizzato il suo ruolo per favorire qualcuno nei suoi affari. Il ruolo di babbo di Renzi. La sua posizione sarà archiviata, nell’ottobre del 2018, quando la stella politica del figlio è già ormai tramontata dopo la sconfitta al referendum costituzionale e le dimissioni da presidente del Consiglio.

Laura, la mamma, è sempre rimasta sullo sfondo. Lì, a Rignano, a fare la nonna. Titolare delle aziende di famiglia da anni, ormai, ma senza tutte le idee e il protagonismo di Tiziano.

Il caso Consip ovviamente colpisce Matteo, da politico: il babbo, dicono, fa affari poco chiari con la società, centrale di spesa che gestisce bandi milionari. In tutto questo arriva una frase di Matteo, dura, che spiega come si sono evoluti i rapporti. E poi una telefonata che dice di più di quel che sembra.

È il 3 marzo del 2017. Matteo Renzi è nella bufera per l’inchiesta Consip. È ospite in tv a Otto e mezzo da Lilli Gruber. Tutti aspettano una sua dichiarazione, dopo che suo padre è stato appena ascoltato dai magistrati. Padri e figli: lui che ha sconfitto i padri politici, che voleva aprire la strada alla generazione dei figli. Renzi dice a Gruber: «Se mio padre è colpevole, spero per lui ci sia una doppia pena».

Tiziano deve pagare una pena doppia perché è il babbo di Matteo. E poi c’è quella telefonata, intercettata e che poi diventa pubblica fra i due: «Papà, devi dire la verità! Non è più la questione della Madonnina, del giro di merda di Firenze per Medjugori! Stai distruggendo un’esperienza. Non ti credo che non ti ricordi se hai incontrato uno come Romeo». Tiziano: «Quando lui ha fatto il ricevimento al Four Season c’erano una serie di imprenditori, ma c’era anche Lalla e siamo andati via subito». Matteo: «Non dire che c’era anche mamma altrimenti interrogano anche lei!».

Matteo Renzi non crede a suo padre. Lalla, Laura, compare all’improvviso e sembra una figura salvifica. «Siamo andati via subito». Come fosse stata lei a portarlo via da quelle frequentazioni pericolose. Oppure, pensandoci bene. Tiziano sembra voler dire al figlio che se c’era anche sua madre non poteva essere successo niente di male.

Alla fine di questa vicenda c’è un campanello che suona. E quelle aziende che facevano tante cose, diverse fra loro, secondo i magistrati non erano del tutto regolari. E Tiziano e Laura Renzi ai domiciliari. Loro dentro e Matteo fuori. Che dice che se non fosse entrato in politica, tutto questo non sarebbe successo.

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