All'andata il Paris Saint Germain aveva vinto fuori casa 2-0. Nel girone di ritorno sono riusciti a farsi rimontare dai Red Devils. A parità di reti segnate, passa la squadra di Manchester con un gol in più fuori casa
Resterà nella storia del calcio sui social quel tweet del profilo dedicato a Johann Cruyff martedì 5 marzo in occasione della clamorosa vittoria dell’Ajax in casa del Real Madrid. Ma resterà anche, 24 ore dopo, il tweet ufficiale del Manchester United che ritrae tre sue leggende, Eric Cantona, sir Alex Ferguson e Ole Gunnar Solskjaer col pugno teso dopo l’impresa della squadra inglese al Parco dei Principi di Parigi.
All’andata a Manchester aveva vinto il PSG, 2-0, il ritorno di mercoledì 6 marzo sembrava una formalità per i campioni di Francia col Manchester privo di nove titolari (tra cui Pogba). E invece non è andata proprio così. Un gol subito dopo appena 2 minuti, poi il pareggio e in fine la remuntada, con tanto di rigore segnato al 90’+3 da Marcus Rashford. A parità di reti (3-3), passano i Red Devils per una rete in più segnata fuori casa.
È la terza volta in tre anni che il PSG non riesce a superare gli ottavi di finale della Champions League. Ed è anche la seconda volta in tre anni che esce dal torneo dopo una rimonta clamorosa. O forse sarebbe meglio dire remuntada, vista l’impresa compiuta nel 2017 dal Barcellona che, sotto di 4 gol dopo la partita di andata, è riuscito a sconfiggere il PSG 6-1 al Camp Nou.
Lo sgombero della baraccopoli di San Ferdinando, abitata da migliaia di braccianti, ci ha messi ancora una volta di fronte a un’urgenza di carattere nazionale. Perché per quanto l’accampamento della Piana di Gioia Tauro sia l’esempio più estremo sul territorio italiano (3 migranti morti in 3 incendi nell’arco diun anno, più di 3 mila lavoratori accampati in condizioni disumane, anni e anni di storia conflittuale), non è l’unico. Né la Calabria è l’unica regione a dover fare i conti con situazioni come questa.
In Puglia e in Piemonte gli accampamenti o gli edifici occupati dai migranti si accostano alle piane di pomodori e dei frutteti, creando degli ecosistemi paralleli a quelli dei residenti nelle città. Alcune sono state sgomberate negli ultimi anni, altre sono attive ancora a pieno regime e in continuo sovraffollamento. Solo a Saluzzo, in Piemonte, ogni stagione arrivano circa 700 migranti per lavorare nelle zone di coltivazione.
I ghetti pugliesi
A 10 chilometri da Foggia in Puglia, tra Rignano e Borgo Mezzanone, ci sono i “casi gemelli” di San Ferdinando. Il 6 agosto del 2018, 12 braccianti africani che viaggiavano su un furgone vecchio e sovraccarico per andare a raccogliere i pomodori, sono morti in un incidente stradale. Il Gran Ghetto,situato tra le campagne di San Severo e Rignano Garganico, è diventato tristemente famoso nel 2017, quando un incendio notturno nella baraccopoli aveva distrutto gran parte delle abitazioni e provocato la morte di due migranti africani. Nel 2016 le prime azioni di sgombero avevano colpito l’accampamento, che durante la stagione dei pomodori arrivava a concentrare più di mille lavoratori. Ad essere stata rasa al suolo il 20 febbraio scorso è la baraccopoli di borgo Mezzanone, nata sulla ex pista dell’aeroporto militare, e che,insieme a quella di Rignano,era stata al centro di numerose inchieste contro il caporalato.
A differenza di San Ferdinando, in Puglia la problematica è decentrata: centinaia di persone vivono nelle baracche e nelle masserie abbandonate nell’ex pistadi Mezzanone, a ridosso di quello che resta del Ghetto. E lì vicino ci sono anche gli accampamenti delle campagne di Cerignola, i ghetti di Borgo Tressanti e Borgo Libertà, e quello di Orta Nova.
Incendio al Gran Ghetto
L’ex-caserma Filippi di Saluzzo
L’edificio è la risposta che il comune piemontese ha dato all’esponenziale numero di braccianti in arrivo puntualmente ogni stagione per la raccolta della frutta nelle cascine. Come spiega Patrick Konde, delegato dell’Unione Sindacale di Base (USB), sembra di trovarsi in «un campo di concentramento». «450 persone sistemate in letti a castello, senza acqua calda e con una sola piccola cucina da utilizzare a turnazione». Data la continua affluenza (si tratta di ondate da 700 persone a volta), affianco all’ex-caserma erano stati allestiti altri capannoni industriali, poi sgomberati.
Ex-caserma di Saluzzo. Credits: La Stampa
Ma gli smantellamenti non hanno risolto il problema degli arrivi e delle sistemazioni alternative, e le occupazioni delle baracche continuano a essere l’unica realtà possibile. Ora la regione, insieme alla cooperativa Armonia, sta lavorando per la riqualificazione dello stabile sia dal punto di vista della vivibilità, sia dal punto di vista dei controlli delle posizioni lavorative.