Il terremoto che danneggiò il Colosseo nel 443 d.C. è collegato a quelli del 2016 nell’Italia centrale

La sequenza sismica che devastò il l’Italia centrale è collegata ad un terremoto che colpì il Colosseo e altri monumenti verso la fine dell’epoca romana. Lo rivela uno studio che potrebbe aiutarci a capire come costruire gli edifici nelle zone a rischio in modo da resistere a nuove potenti scosse

Il 24 agosto 2016 una scossa di magnitudo 6,2 diede il via ai disastrosi eventi sismici avvenuti nel centro Italia, proseguiti fino al gennaio 2017, e che oggi vengono definiti dall’Ingv «sequenza sismica Amatrice-Norcia-Visso». Un termine tecnico che per noi si traduce in morti, feriti e interi comuni distrutti. Solo ad Amatrice si contarono 249 morti. Quei sismi sono collegati al terremoto che danneggiò il Colosseo e altri monumenti nel  443 d.C.


Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista americana di geofisica Tectonics. La ricerca, condotta da geofisici italiani, ha come primo firmatario Paolo Galli. I risultati si fondano su 20 anni di ricerca sulla faglia del monte Vettore, che si rivela così responsabile anche del terremoto avvenuto negli ultimi decenni dell’epoca romana, e per niente assopita come si pensava. 


La scoperta si deve anche alle conoscenze acquisite nell’ambito della paleosismologia, branca della sismologia che studia gli eventi sismici del passato, avvalendosi dei segni che questi hanno lasciato nel tempo. La paleosismologia è uno strumento importante nella valutazione del rischio sismico, specialmente quando si ha a che fare con terremoti che si ripetono con frequenze di secoli o millenni.

Negli ultimi novemila anni nella faglia del monte Vettore si sono verificati sei eventi sismici. Si pensava che questo «sistema» avesse una periodicità piuttosto lenta: sismi come l’ultimo avrebbero dovuto succedersi una volta ogni 1.800 anni. La sequenza sismica Amatrice-Norcia-Visso è stata una brutta sorpresa per gli esperti, con buona pace di chi pensa che i terremoti si possano prevedere.

Un’altra anomalia sta nel fatto che questa serie di sismi non fu preceduta da uno sciame di terremoti più piccoli, tipici delle sequenze italiane. L’ultima sequenza di terremoti nel centro Italia dimostra inoltre che le numerose faglie «dormienti» presenti negli Appennini possono rompersi improvvisamente senza alcun segno di preavviso: si tratta di un’informazione molto preziosa per progettare edifici capaci di resistere a un prossimo evento sismico di grande portata. 

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