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Congresso della Famiglia: «Siamo vittime del politicamente corretto, vogliamo solo difendere la famiglia»

15 Marzo 2019 - 16:14 Emma Bubola
Alla conferenza stampa del convegno che - avrà luogo a Verona dal 29 al 31 marzo - gli organizzatori hanno dichiarato di «non capire» la violenza della stampa contro il loro «libero dibattito su vita donne e famiglie»

Con una conferenza stampa volta a «fare chiarezza» sul Congresso Mondiale delle Famiglie che si terrà a Verona dal 29 al 31 marzo, gli organizzatori hanno per circa un’ora denunciato di essere vittime di media, detrattori e del politicamente corretto. Ingiustificate, secondo loro, le accuse per aver invitato sul palco chi definisce i pro-aborto «cannibali» o chiama «malsana» l’omosessualità.

«Noi parleremo di vita, famiglia e fertilità», spiegano le sette personalità che presiedono la conferenza stampa. Tra loro Alberto Zelger, consigliere comunale veronese famoso per aver definito gli omosessuali «una sciagura» e Antonio Brandi, presidente di ProVita, onlus in difesa della «famiglia tradizionale». Ma anche Elena Donazzan, assessore all’Istruzione e al Lavoro della Regione Veneto, unica donna a presentare un congresso che menziona la dignità delle donne tra i suoi temi principali.

I tentativi di riscattarsi da accuse di misoginia incontrano spesso contraddizioni. Mentre il diritto di conciliare vita professionale e familiare è al centro del dibattito mondiale, Jacopo Coghe, il vice-presidente del Congresso, afferma che le donne «devono poter scegliere tra lavoro e famiglia».

Queste, («più sensibili degli uomini»), dovrebbero godere del privilegio di poter restare a casa per dedicarsi alla famiglia. Al maschile invece, di questa scelta non si parla. Massimo Gandolfini, presidente del Family Day, ha tenuto a precisare cosa si intende per famiglia: il matrimonio tra un uomo e una donna, o ancora meglio, visti i nostri problemi di natalità, tra un padre e una madre.

Il congresso sarà a detta loro un «dibattito» e un «confronto di opinioni», ma resta oscuro chi dibatterà, data l’egemonia omofoba e anti-abortista che regna tra i relatori. Coghe si difende: «avevamo invitato Spadafora e Di Maio».

Coghe fa anche chiarezza sul patrocinio: «Non c’è il patrocinio della presidenza del Consiglio dei Ministri. Il ministro Fontana non ha un ministero, non ha un logo particolare quindi il logo a cui fa capo è quello superiore gerarchicamente, cioè quello della presidenza del Consiglio dei Ministri».

Il Comune di Verona invece non solo ha patrocinato il Congresso, ma lo ha co-organizzato. Il Palazzo della Gran Guardia, dove si terrà il Congresso, edificio pubblico che viene in genere affittato a circa 1500 euro al giorno, è stato concesso gratuitamente al WCF.

Questo ha suscitato l’indignazione di alcuni consiglieri comunali dell’opposizione. Marta Vanzetto, del M5S, ha proposto una mozione e una petizione per la rimozione del logo del comune dall’evento. Secondo la consigliera, il simbolo «non può essere strumentalizzato per patrocinare eventi che promuovono messaggi intolleranti».

Secondo Tommaso Ferrari, consigliere di Verona Civica-Traguardi, quello di fine marzo sarà «un simposio sterile, non solo nel suo stampo retrogrado e reazionario fino al ridicolo, ma anche nella totale assenza di concretezza». Per Ferrari, la protezione della famiglia, baluardo di alcuni consiglieri comunali veronesi, si esaurisce nella retorica: «Dove sono le proposte vere per sostenere madri e padri?»

Congresso della Famiglia: «Siamo vittime del politicamente corretto, vogliamo solo difendere la famiglia» foto 1

Marta Vanzetto, Elisa La Paglia, Tommaso Ferrari, Mauro Bonato

Il dissenso non viene però solo dall’opposizione: Mauro Bonato, capogruppo della Lega, si è dimesso venerdì dal suo incarico, in un atto di protesta contro l’evento. «Trovo agghiaccianti le parole dei relatori. Non possiamo accettare che persone del genere salgano sul palco. Che una persona che è stata condannata per aver equiparato omosessualità e satanismo salga sul palco».

Un riferimento il suo alla scrittrice Silvana de Mari, relatrice dell’evento e condannata dal tribunale di Torino per le sue affermazioni contro la comunità LGBTQI+. «Se il ministro Fontana voleva organizzarsi questo raduno tra i suoi fan allora avrebbe dovuto farlo senza i loghi del Comune e della Provincia», conclude Bonato.

Nella foto in copertina:Alberto Zelger consigliere comunale e membro del comitato esecutivo del WCFXIII, Antonio Brandi Chairman WCFXIII Verona, Federico Sboarina sindaco di Verona, Elena Donazzan assessore Regionale all'Istruzione e al Lavoro della Regione Veneto, Jacopo Coghe deputy Chairman WCF XIII Verona, Massimo Gandolfini presidente del Family Day,Filippo Savarese Direttore delle Campagne della Fondazione CitizenGOit.

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