Roma, manifesti alla fermata del bus: «No a perquisizioni razziste»

La Rete Restiamo Umani ha esposto a Roma – in alcune pensiline degli autobus – manifesti con l’invito a «non restare indifferenti e denunciare eventuali episodi di discriminazione» 

Un’azione, forte, di denuncia contro il razzismo: attiviste e attivisti della Rete Restiamo Umani nelle ultime ore hanno esposto – in corrispondenza di alcune pensiline degli autobus della Capitale – dei manifesti con l’invito a «non restare indifferenti e denunciare eventuali episodi di discriminazione».


Secondo gli attivisti, «nelle ultime settimane diverse sono state le testimonianze sia di episodi di razzismo sui mezzi pubblici che di presunti abusi da parte delle forze dell’ordine, con identificazioni e ispezioni motivate solo dal colore della pelle dei passeggeri».


La grafica è di Hogre

La grafica è stata realizzata Hogre, street artist di cui è ignota l’identità e già al centro di controverse iniziative di subvertising, crasi di subvert e advertising. «Con questo termine ci si riferisce a quelle pratiche di piratamento dei messaggi e spazi pubblicitari, con lo scopo di mettere in discussione l’utilizzo delle immagini nello spazio pubblico, criticare il copyright e promuovendo invece una più libera diffusione e circolazione delle immagini», spiega Hogre a Open.

L’intervento «è ispirato dal lavoro di Alterego, che negli ultimi mesi ha registrato un consistente aumento delle violenze e delle discriminazioni ai danni delle persone di colore sui mezzi di trasporto», dice ancora Hogre. L’associazione Alterego ha pubblicato un vademecum con avvisi legali e consigli su come comportarsi «qualora si sia testimoni o vittime di discriminazioni razziali».

Il rischio polemica

La firma, che nello stile e nel colore imita quella dell’azienda di trasporti, è modificata in Acab. Una scelta destinata a far discutere, che però Hogre non disconosce: «Appropriarsi di un logo disegnando una B da una T stravolgendone il significato è una pratica artistica, che riflette sul ruolo della semiotica nello spazio pubblico e sugli aspetti semantici della ragione», dice ancora Hogre. «Restituire poi il sovvertimento grafico nello spazio pubblico è un modo per moltiplicare le interpretazioni: che questa sia una provocazione o no dipende da chi legge».

Per lui, spiega lo street artist, «il paradosso è che nell’espressione All Cops Are Bastards i singoli individui non sono nemmeno contemplati, perché nell’assurdità della generalizzazione l’individuo si annulla. Dunque se qualcuno si sente offeso è perché lo stato di polizia ce l’ha prima di tutto in testa».

Gli attivisti, invece, assicurano che il significato non ha nulla a che fare con la polizia: «Non possiamo permettere che i mezzi pubblici, e non solo, siano teatro di discriminazione sulla base del colore della pelle di una persona, per noi All Colours Are Beautiful. Non restiamo indifferenti, restiamo umani!», dichiarano dalla Rete. I poster sono comparsi a Roma est, lungo tutta via Prenestina, Porta Maggiore, Piazza Vittorio.

L’azione diretta

Hogre ribadisce che l’appello nei manifesti non è solo una provocazione, si aspetta che chi li legge agisca davvero: «Un tempo si diceva che chi sta al governo è l’espressione degli elettori, ma oggi che le democrazie sono in crisi è piuttosto il contrario e le idee di chi sta al potere si riflettono tra i suoi sudditi. Si respira una brutta aria. Il razzismo di oggi ha cambiato faccia, non crede più alla superiorità razziale su basi biologiche, ma alla superiorità di una cultura sulle altre. Frasi come “non sono razzista, ma…” , “lui è nero, ma non è come gli altri” oppure “aiutiamoli a casa loro”: discutiamo spesso su come inquadrare questo nuovo sentimento razzista culturalista; il poster che ho disegnato nasce da questa esigenza».

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