Cucchi, chiusa l’inchiesta per depistaggio: otto indagati nell’Arma, ecco tutte le accuse

Avviso di conclusione di indagini per i carabinieri che avrebbero rallentato le indagini o fatto sparire documenti importanti nel corso dell’inchiesta sulla morte del ragazzo

Falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia: sono reati pesanti quelli contestati a vario titolo ad otto militari dell'Arma, tutti coinvolti nell'inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi e dedicata in particolare ai depistaggi che sarebbero avvenuti fin dall'indomani della sua morte, avvenuta il 22 ottobre 2009.


L'avviso di conclusione delle indagini, che rapidamente potrebbe portare alla richiesta di rinvio a giudizio, riguarda tra gli altri il generale Alessandro Casarsa, all'epoca dei fatti comandante del Gruppo Roma, e il colonnello Lorenzo Sabatino, già responsabile del reparto operativo. Il documento è firmato dal titolare del fascicolo, Giovanni Musarò e dal procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone.


I tre depistaggi

La modifica degli atti, secondo la ricostruzione della procura, sarebbe avvenuta in tre momenti diversi: nel 2009, nel 2014 e, poi, nel 2015 nel corso delle indagini ormai avanzate.

Cucchi, chiusa l'inchiesta per depistaggio: otto indagati nell'Arma, ecco tutte le accuse foto 1

Ansa |Stefano Cucchi

Il 2009 e il ruolo di Casarsa

Subito dopo la morte di Stefano Cucchi e le prime denunce da parte sia della famiglia sia delle associazioni Antigone e A buon diritto, sarebbero stati modicati due documenti fondamentali, che – se lasciati nella loro versione originale – avrebbero aiutato a capire da subito che il giovane geometra aveva accusato problemi fin dalla notte passata in guardiola e che, quindi, si doveva guardare a quella notte e non alla mattina successiva nella camera di sicurezza della polizia penitenziaria (momento su cui per anni si sono concentrate le indagini e il successivo processo).

Le due relazioni di servizio, dei piantoni presenti, sono state entrambe modificate e sempre, scrivono Musarò e Pignatone, con un ruolo attivo del generale Casarsa, che fino a poco tempo fa guidava i corazzieri a difesa del presidente della Repubblica.

inducevano il carabiniere Francesco Di Sano (anche lui indagato ndr) a sottoscrivere falsamente una annotazione recante la falsa data del 26 ottobre 2009 nella quale si attestava falsamente che il Cucchi "riferiva di essere dolorante alle ossa sia per la temperatura a freddo umida che per la rigidità della tavola del letto ove comunque aveva dormito per poco tempo, dolenzia causata anche dalla sua accentuata magrezza" omettendo ogni riferimento alle difficoltà nel deambulare palesato da Stefano Cucchi.

Ricostruzione analoga per la relazione di Gianluca Colicchio, che ha disconosciuto l'atto e per questo non è indagato.

indotto a sottoscrivere una seconda annotazione recante la falsa data del 26 ottobre 2009, nella quale si attestava falsamente che il Cucchi "manifestava uno stato di malessere generale verosimilmente attribuito al suo stato di tossicodipendenza".

Il depistaggio del 2014

Anni dopo, quando l'inchiesta riparte, il tentativo di rallentamento da parte dell'allora comandante del Ros di Roma, Lorenzo Sabatino, e dal capitano Tiziano Testarmata.

Sabatino non avrebbe informato la procura di aver rintracciato le relazioni di servizio di Colicchio e Di Sano, sia quella vera sia quella falsa.

Testarmata, che trova persino il registro dei fotosegnalamenti cancellato col bianchetto, in modo che il nome di Stefano Cucchi non appaia nell'elenco (il pestaggio sarebbe avvenuto durante il foto segnalamento che non si è quindi mai concluso) :

Ometteva di dare atto di quanto accertato in merito alla cancellatura con il bianchetto apposta sul registro delle persone sottoposte a fotosegnalamento.

Il 2015 e le accuse al primo testimone

Nel 2015, infine, il terzo depistaggio da parte del carabiniere Luca De Cianni che accusò l'unico militare che aveva dichiarato di aver saputo del pestaggio.
La relazione di De Cianni conteneva parole pesantissime.

Riccardo Casamassima, diceva, gli aveva riferito che Cucchi non aveva subito più di qualche schiaffo, «si era procurato le lesioni con gesti di autolesionismo» e che Casamassima «aveva chiesto a una somma di denaro a Cucchi Ilaria e in cambio avrebbe fornito all'autorità giudiziaria dichiarazioni gradite alla stessa Cucchi».

Tutto falso ma la leggenda ha girato per anni.

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