L’Ambasciatore in Nuova Zelanda: «L’Italia in debito con il popolo Māori»

Il 25 aprile particolare dell’ambasciatore italiano in Nuova Zelanda, Fabrizio Marcelli, che ha voluto rendere omaggio ai neozelandesi morti per liberare l’Italia dal nazifascismo

Se in Italia il 25 aprile si festeggia il giorno della liberazione dal nazifascismo, dall'altra parte del mondo, in Nuova Zelanda, si commemorano le morti dei soldati uccisi durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Due feste – la liberazione e l'altra nota come Anzac Day – che apparentemente non hanno nulla in comune, ma non è così. 


Circa 2 mila 500 soldati neozelandesi morirono combattendo in Italia contro le forze di Adolf Hitler. Uno scontro iniziato nell'ottobre del 1943 e finito nel 1945. Circa 203 di loro erano soldati Māori, un popolo polinesiano, diffuso principalmente in Nuova Zelanda. 


Il giorno della memoria neozelandese, l'Anzac Day, l'ambasciatore italiano in Nuova Zelanda Fabrizio Marcelli ha voluto ricordare il sacrificio dei soldati neozelandesi, partiti per una terra lontana per combattere per conto di un alleato sconosciuto. 

«I soldati neozelandasi, i combattenti Māori hanno sacrificato molto in termini di vite persone, di sangue e di sacrifici quando combatterono per liberare l'Italia dal nazifascismo – ha dichiarato Marcelli.- Noi italiano siamo in debito con la comunità Māori […] per il coraggio che hanno dimostrato durante i combattimenti e il modo rispettoso in cui si sono relazionati con la popolazione civile. È questo il motivo per cui vogliamo ricordarli.»

Sull'ultimo punto, quello del rapporto tra i soldati alleati e la popolazione civile, l'Ambasciatore ha voluto sottolineare che, a differenza di altri alleati che non si comportarono molto bene, «il ricordo dei soldati Māori e della loro correttezza è molto buono, come testimoniano le storie che mi raccontava mio nonno.»

Un tema che interessa la comunità Māori, per cui l'adorazione degli antenati è molto importante, per quanto riguarda i circa 2 mila soldati attualmente sepolti in cimiteri italiani. Come ha voluto sottolineare il leader Māori Ngahiwi Tomoana «Sono gelosamente costudite dagli Italiani perché i nostri soldati sono partiti per l'Italia per proteggere le loro città e famiglie. Se le riportiamo quì, quel collegamento cesserebbe di esistere».

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