Esclusa per il velo a Mirandola: «Nella mia palestra né Batman né suore» – L’intervista a Khadija

«Non ha cacciato qualcuno arrivato in Italia ieri. Ha cacciato una ragazza che ha studiato qua, che si è laureata in Giurisprudenza e sa benissimo cosa dice la Costituzione: che siamo tutti uguali», dice a Open la mediatrice culturale Khadija Tajeddine

La sua iscrizione in palestra è stata respinta per via del velo che indossa. È successo a Mirandola, in provincia di Modena, dove alla giovane Khadija Tajeddine – cittadini italiana, nata in Marocco 28 anni fa – è stato impedito di frequentare la palestra del posto.


Stando a quanto racconta Khadija – che nella vita è interprete, mediatrice culturale e presidente del locale comitato per la Pace – quando ha chiesto spiegazioni rispetto alla sua esclusione le è stato risposto dal titolare che nella sua palestra non sono ammessi «né Batman, né suore». E ancora: «Mia palestra, mie regole».


Khadija, cosa è successo il giorno in cui ha deciso di andare a iscriversi in palestra?

«In questo periodo ho cominciato a lavorare quindi posso permettermi di iscrivermi in palestra. È una cosa che volevo fare da tanti anni ma ho sempre rinviato perché non riuscivo ad arrivare a fine mese. Guardando tra le palestre in giro per Mirandola ne trovo quattro, tre di queste molto frequentate. La quarta – quella in cui ho scelto di andare – è molto vicino a casa mia tanto che potrei raggiungerla a piedi. E soprattutto è piccola e poco frequentata, quindi un ambiente in cui mi sarei sentita a mio agio. Non per il velo ma per la mia forma fisica: devo perdere qualche chilo».

E dunque?

«Venerdì scorso non lavoravo e sono andata a informarmi. Sono arrivata lì e ho cominciato a parlare con il proprietario il proprietario. Vorrei iscrivermi, gli faccio. E lui: "ma è per te?" E io: sì, è per me, per chi se no? "Sì – fa lui – però devi vestirti all’occidentale". Io lì per lì non capisco, lo guardo perplessa, gli mostro jeans e maglioncino.

Poi gli domando: ma in che senso? E lui mi dice: "Io qui non accetto suore. Qualche giorno fa sono venute due suore che volevano iscriversi ma non volevano mettersi la tuta e quindi io non le ho accettate". E allora avrei voluto dirgli: ma mi sta prendendo per stupida? Non c’è nessuna suora qui. E poi ha continuato: "Vedi qualche Batman che sta correndo sul tapis roulant?"

A quel punto ho indicato il velo e gli ho detto: sta alludendo a questo? È un problema? E lui ha ribadito ancora: "Io qua non accetto Batman, non accetto suore, non accetto persone mascherate". E poi mi ha parlato di un certo indiano che nascondeva il suo coltello nel turbante».

Un accostamento basato su cosa?

«Lui in sostanza cercava di farmi capire che riceve così tante persone di cui rifiuta l’iscrizione che è normale respingere anche la mia, era un modo per giustificarsi. Ma io gli ho detto: guardi, non riesco proprio a capire la ragione per cui il velo non va bene. E lui ha continuato a ribadire: "Nelle palestre bisogna vestirsi adatti alle palestre. Non accetto persone mascherate e simboli religiosi". Io sono rimasta allibita. Poi, all’ennesima volta che tirava fuori le suore e Batman, l’ho interrotto e gli ho detto: guardi, a posto così, grazie e arrivederci».

E se ne è andata.

«Sì, sono uscita, ho raggiunto la mia auto e intanto non riuscivo proprio a capacitarmi di quello che mi era successo. Non ci credevo. Non sono una persona che crea casino, non sono una polemica, sono contro il vittimismo. Però ci sono rimasta veramente male. Non è possibile arrivare fino a questo punto».

Cosa ha pensato?

«Che il velo sia di intralcio o incompatibile con alcuni tipi di lavoro lo capisco. Lo sappiamo che per certi impieghi non è accettato il volto coperto dal velo e lo comprendo. Però l’incompatibilità del velo con l’attività fisica è incomprensibile. Io pago un servizio aperto al pubblico, vedermi rifiutata per il velo è assurdo. Allora la prossima volta scriva un cartellone fuori della sua palestra con elencati i criteri delle persone che possono frequentarla: capelli lunghi, corti, omo, etero…».

Ha pensato di denunciarlo?

«Non ho voluto presentare una denuncia per non perdere il mio tempo perché è una cosa lunghissima. Assolutamente non per paura. Ho però voluto parlarne affinché si sapesse di questo brutto episodio. Io non sono una persone che abbassa la testa. Conosco la legge, conosco la Costituzione: se fossi in torto starei zitta. Ma siccome sono nel giusto non permetto a nessuno di fare una cosa del genere. Se poi esistesse una legge in cui c’è scritto che è una cosa che non si può fare allora toglierei il mio velo e stare zitta. Ma non esiste nessuna legge».

Le sono capitati altri episodi simili?

«No, assolutamente, è la prima volta. Se mi fossi candidata per un'offerta di lavoro per hostess capisco che ci sono requisiti come essere alti 1,70 con taglia e 40 e non portare alcun velo. Ma arrivare a questo punto in cui ti chiedono di entrare senza velo in un posto aperto al pubblico – a pagamento peraltro – è come se mi vietassero di entrare in un cinema».

Quindi a Mirandola non le è capitato di registrare storie del genere?

«No, non ci sono, non se ne sentono. È una cittadina piccola, non esistono questi episodi di odio. Non si capisce assolutamente da dove vengano».

Si è sentita ferita a livello personale?

«No, è proprio questo: io non mi sono sentita offesa. Però ho trovato incredibile che mi paragonasse a Batman, una persona mascherata, ma per favore! Io sono qui dal '99, di suore ne ho conosciute a migliaia. E poi anche con la storia delle dell’indiano, vada a prendere per i fondelli qualcun altro. Ha beccato proprio la persona sbagliata che di culture è appassionata e conosce molti dettagli a riguardo.

Cioè?

«Sono una mediatrice culturale. E poi lavoro come impiegata».

Cosa farà ora?

«Io spero che la notizia si diffonda abbastanza da arrivare anche a lui. Spero capisca che non ha cacciato qualcuno arrivato in Italia ieri, qualcuno che non conosce nulla. Ha cacciato una ragazza che ha studiato qua, che si è laureata in Giurisprudenza e sa benissimo cosa dice la Costituzione e la legge italiana. Sa che non è in torto e per questo motivo non abbassa la testa. Perché siamo uguali, siamo pari.

Se per caso ha avuto lo stesso comportamento con altri stranieri che sono stati zitti per paura, io no, io non ho paura. Di cosa dovrei aver paura? Siamo in un paese democratico con la legge al di sopra di tutti, con i diritti uguali per tutti.

Se questo governo legittima certi comportamenti verso alcune persone è ora di dire "no". Dove vogliamo arrivare? Dobbiamo ridare dignità a un paese che merita dignità, non facciano passare l’Italia e gli italiani per quello che non sono. Se c'è qualcuno che vuole il razzismo e l’odio, che si incontrino, che facciano dei circoli e stiano tra loro, ma lascino le altre persone libere di vivere in pace. Non è il momento di fare queste cose. Nessuno è legittimato a odiare il prossimo».

Leggi anche: