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«Grand Theft Europe», la truffa che costa 50 miliardi agli Stati europei

07 Maggio 2019 - 09:01 Emma Bubola
La mafia italiana è uno degli attori principali. I proventi vengono spesso usati per finanziare organizzazioni terroristiche

Cinquanta miliardi di euro sottratti ogni anno agli Stati europei, secondo le stime della Commissione. È questo quello che viene definito il «furto del secolo», una frode all'Iva che sfrutta le falle del mercato unico europeo, istituito nel 1993. Il principio è quello di far circolare delle merci in Europa senza versare l'Iva ai rispettivi Paesi, ma allo stesso tempo chiedendone i rimborsi. 

Per capire la portata di questa frode, il media investigativo tedesco Correctiv ha coordinato 35 testate internazionali per il progetto «Grand Theft Europe», nome ispirato a Grand Theft Auto (GTA), il videogioco che simula la storia di un criminale. Per l'Italia, hanno partecipato Giulio Rubino, uno dei fondatori di Investigative Reporting Project Italy (IRPI) e Angelo Mincuzzi del Sole24ore

Il carosello è una giostra che gira costantemente su se stessa. La "frode carosello" all'Iva si fonda sullo stesso tipo di movimento e costa agli Stati europei 50 miliardi di euro l'anno. Le autorità sono a conoscenza di questa tecnica da venticinque anni, ma nonostante ciò imprese europee continuano a servirsene, senza che gli Stati riescano a creare dei sistemi efficaci per arginarla. Secondo Pedro Felcio, responsabile della lotta alla criminalità organizzata presso l'Europol, si tratta del primo mercato criminale all'interno dell'UE, in diretta concorrenza con quello della droga. 

Come funziona

  • Un'azienda A con sede in un paese dell'Unione Europea vende un bene a un'azienda effimera B con sede in un altro Stato membro. Visto che la transazione viene effettuata tra due paesi dell'UE, non è richiesto il pagamento di IVA. Il prezzo della transazione è quindi X. 
  • L'azienda B rivende il bene a un'azienda C, situata nel suo stesso paese. In questo caso è tenuta a pagare l'IVA allo Stato, quindi fattura a C un prezzo X+IVA. 
  • L'azienda B sparisce però prima di versare l'IVA al suo Stato, spesso piazzando il guadagno in un paradiso fiscale. 
  • L'azienda C rivende ad A il bene, operando una transazione tra due paesi dell'Unione Europea, quindi senza pagare l'IVA. 
  • L'azienda C riceve dal suo Stato un rimborso dell'IVA che aveva pagato a B, senza che però B l'abbia mai versata. Il denaro restituito dallo Stato a C è quindi quello dei contribuenti. L'operazione può essere ripetuta numerose volte sullo stesso circuito, in un processo che può essere frammentato dalla presenza di varie società fantasma. 

«Grand Theft Europe», la truffa che costa 50 miliardi agli Stati europei foto 1

Chi? 

Tra i principali attori di questo sistema, Felcio identifica delle società criminali pakistano-britanniche, franco-israeliane, ma anche la mafia italiana. Queste entità devono essere in grado di compiere un importante investimento iniziale, e di pagare i consiglieri fiscali e giuridici che li tutelino nelle varie operazioni. 

Quali prodotti? 

I prodotti favoriti sono in genere prodotti facilmente trasportabili e con l'IVA più alta, quindi al 20%, come telefoni e piccoli oggetti tecnologici. Correctiv cita anche il mercato in crescita dell'energia, quello delle macchine di lusso usate e metalli. Nel 2015 in Slovacchia, un'organizzazione fraudolenta aveva comprato l'equivalente di 142.940 euro di Kinder Sorpresa polacchi. Spesso però, con l'aiuto di esperti contabili, le aziende riescono a mettere a punto la frode senza che un prodotto reale sia messo in circolazione. 

Reti criminali

Secondo quanto riportato dai media, dopo essere stato spedito in paradisi fiscali, il denaro fa ritorno in Europa, spesso per finanziare attività illecite. Svariati media che hanno partecipato a Grand Theft Europe sono risaliti ai legami tra le frodi carosello e il finanziamento della rete jihadista.

I giornalisti spagnoli di El Confidencial rivelano che una cellula terrorista basata a Melilla ha utilizzato una rete di una quarantina di aziende basate in Danimarca per appropriarsi indebitamente di circa 8 milioni di euro, poi usati per finanziare i viaggi dei combattenti verso il Califfato dello Stato Islamico. 

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