Autonomie universitarie: con la “Serie A” si va in paradiso. Il Sud all’inferno

Nella bozza di un decreto ministeriale del Miur, i criteri di classificazione che garantiranno agli atenei virtuosi numerose possibilità autonome, ma il rischio è un gap crescente tra Nord e Sud

Sta prendendo forma l’autonomia universitaria prevista dalla legge Gelmini. Dopo numerosi tentativi dei governi che si sono succeduti all’attuazione della riforma sembra che arriverà, forse in tempi brevi, una ristrutturazione del quadro delle competenze e delle possibilità autonome di scelta degli atenei nazionali: ma soprattutto una loro classificazione.


Il documento

In una bozza di Decreto ministeriale, rivelata dal sito gestito da ricercatori precari Roars.it, si delinea un quadro futuro di un universo accademico con università di Serie A e università di serie B. Il documento, che porta in calce il nome del ministro Bussetti, è stato redatto a cura di Daniele Livon, direttore generale del Miur per l’Università: a confermarne l’autenticità e la paternità è lo stesso ministro dell’Istruzione che parla di «una prima bozza elaborata da un gruppo di lavoro coordinato dal direttore Livon».


Ma chi valuterà gli atenei? Chi stabilirà se un’università potrà fregiarsi del titolo di “virtuosa” e pertanto svincolarsi dai lacci della burocrazia e fare scelte in autonomia? A farlo sarà l’Anvur, Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, ente pubblico istituito nel 2006 dal secondo governo Prodi, ma che conquista un ruolo, quantomeno in potenza, di valutazione con la riforma Gelmini e con la riforma del Regolamento  universitario voluta dalla stessa ministra nel 2009. 

Cosa fa l’Anvur

La bozza Livon rimette al centro l’Anvur, restituendogli il potere perduto negli ultimi anni, e gli attribuisce la facoltà di decidere quali siano le università che vanno premiate (e conseguentemente quelle che non lo saranno). Nel concreto, un risultato pari a «B – Più che soddisfacente» certificato da Anvur attraverso le visite Cev agli atenei (cioè la Commissione di Esperti per la Valutazione della stessa Anvur) garantirà il requisito sulla didattica «di elevato livello». Gli indicatori in base ai quali verranno fatte le valutazioni, senza entrare nei dettagli tecnici, sono molto precisi e non è da escludere che il ministero abbia già avviato delle simulazioni. 

La “classifica” in realtà esiste già ed è stata redatta dall’Anvur stesso nei suoi Rapporti di Accreditamento Periodico. Si tratta di 5 livelli, con decrescente valore, degli atenei: per la valutazione A,B, C (Molto positiva, pienamente soddisfacente e soddisfacente)  si prevede un accreditamento del risultato conseguito su base quinquennale. Nel caso di un voto D si ha un «Accreditamento temporalmente vincolato alla risoluzione delle criticità riscontrate». Con voto E (Insoddisfacente) si va verso la soppressione della sede.

Quali sono le virtuose?

Ma cosa prevede in concreto l’autonomia di chi ha raggiunto una votazione al di sopra del «più che soddisfacente» e soprattutto quali saranno le università che ne beneficeranno? Spulciando l’ultimo Rapporto Anvur ciò che salta all’occhio è che i meglio classificati, e quindi i beneficiari di domani, sono principalmente, se non esclusivamente, atenei del nord Italia. Ciò, come è immaginabile, potrebbe portare un conseguente gap fra formazione accademica nel settentrione e nel meridione, visto che l’autonomia dovrebbe garantire un’ulteriore rafforzamento della dell’offerta formativa delle Università che ne godranno. 

Un sistema universitario a due velocità quindi. Gli atenei di Seria A potranno sperimentare liberamente nuovi organi di governo, avranno libertà di istituire corsi di laurea e corsi di dottorato senza gli attuali, onerosi, accreditamenti e in deroga ai numeri minimi di iscritti avranno la possibilità di costituire nuovi dipartimenti.

Ma, elemento decisivo, potranno differenziare il trattamento dei docenti attraverso incentivi per trasferimenti anche entro le regioni e avranno il via libera alle doppie affiliazioni di docenti in servizio presso atenei stranieri. Inoltre potranno effettuare localmente le chiamate dirette e dare l’avvio a forme di incentivi, anche economici, per differenziare gli stipendi dei docenti, premiando quelli valutati più efficienti.  

La reazione del Dipartimento

Giuseppe Valditara Capo del Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca ha commentato con una nota la rivelazione di Roars.it (secondo il sito, sulla bozza ci sarebbe stato anche uno scontro politico all’interno del governo in cui avrebbe prevalso la posizione dei leghisti): «È il primo atto di un dibattito che sarà certamente approfondito e che per mia volontà dovrà coinvolgere tutte le componenti accademiche. Obiettivo è quello di dare sempre maggiore autonomia all’intero sistema universitario per realizzare prima di tutto un principio costituzionale e quindi una esigenza di efficienza e di responsabilizzazione del sistema». 

Sul tema di un possibile gap sempre maggiore fra università di Serie A e di Serie B ha chiarito: «Proprio per far sì che anche le università meno avvantaggiate possano accedere a sempre maggiori livelli di autonomia ho avviato una serie di incontri al Ministero con i rettori e i direttori generali di queste università per discutere su piani individualizzati di rilancio e di miglioramento infrastrutturale. Ed è la prima volta che ciò accade. Solo al termine di una ampia consultazione il documento sarà da me personalmente licenziato nella bozza conclusiva e verrà poi inviato al Gabinetto e quindi sottoposto al Ministro per il suo definitivo e decisivo parere».

Valditara, di fatto, facendo riferimento ad incontri con università che in qualche modo verrebbero penalizzate dalla suddivisioni in classi da A a E, ammette che tale principio sarà, evidentemente, quello utilizzato e previsto dalla versione definitiva del Decreto ministeriale. 

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