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I giovani medici “bombardano” i parlamentari per chiedere più borse di specializzazione – L’intervista

13 Luglio 2019 - 20:21 Juanne Pili
Quest'anno il ministero dell'Istruzione ha messo a disposizione 8mila posti, a fronte di quasi 20mila candidati

Il sistema sanitario italiano è una eccellenza riconosciuta a livello mondiale. Rischia però di venire meno se non verranno risolti dei seri problemi nel modo in cui viene gestita la formazione degli specialisti, di cui abbiamo sempre più bisogno.

Parliamo di un vero e proprio «imbuto formativo» che rende sempre più difficile ai giovani laureati l’accesso alla specialistica. Eppure siamo al paradosso: ci troviamo spesso nella situazione di dover richiamare negli ospedali gli specialisti in pre-pensionamento

Calogero Casà presidente dei Giovani medici spacializzandi, aveva parlato a Open di una vera e propria emergenza, dovuta alla scarsità di bandi per l’accesso ai percorsi specialistici.  

Se da un lato i laureati in medicina non mancano, anzi tenderanno a essere sempre di più, la nostra incapacità di indirizzarli ai livelli specialistici non fa altro che aggravare la situazione di anno in anno: ci portiamo dietro il problema almeno dal 2010, mentre i provvedimenti presi fino a oggi appaiono inadeguati.

Quando agli inizi di luglio migliaia di neolaureati si sono iscritti ai concorsi per l’accesso alle scuole di specializzazione, non era dato sapere con certezza il numero dei partecipanti, né il numero di borse di studio da destinare ai loro precorsi formativi. 

Recentemente un gruppo di studenti e laureati in medicina hanno deciso di dare una sveglia ai nostri rappresentanti in Parlamento, spiegando loro la natura del problema, bombardandoli di eMail studiate in modo da eludere i loro filtri anti-spam.

I giovani ricordando loro che è inutile aumentare gli ingressi in facoltà se poi mancano le borse di studio per formare i futuri specialisti, di cui per altro abbiamo un disperato bisogno. Abbiamo intervistato il coordinatore dell’iniziativa Payam Tabaee. Prima però facciamo un breve recap della situazione.

Se la «soluzione» è peggiore del male

Secondo alcune stime su 20 mila candidati solo 8 mila riusciranno a cominciare quel percorso che li farà diventare i cardiologi, anestesisti, ginecologi, oncologi, eccetera, di cui abbiamo bisogno, e la cui carenza allunga i tempi delle liste di attesa. Così un sistema che vuole garantire una sanità universale rischia di essere vanificato.

Questa è la ragione per cui l’annuncio del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti di aumentare i posti nelle facoltà di medicina ha fatto insorgere già nel giugno scorso gli studenti.

Aumentare gli iscritti significa non considerare il problema reale: l’impossibilità di riuscire poi a completare il loro percorso formativo, in un paese in cui abbiamo sempre più bisogno di specialisti.

L’ultima battaglia dei «Giovani medici per l’Italia»

L’ultima battaglia che sembra cominciare a scuotere le coscienze dei nostri rappresentanti in parlamento è stata organizzata proprio da un gruppo di studenti e giovani medici. Si fanno chiamare «Giovani medici per l’Italia» e sono coordinati da Payam Tabaee.

In questi giorni hanno perpetrato una mail-bombing nelle caselle di posta di deputati e senatori della Repubblica, con un appello dove li si invita a fare qualcosa per sbloccare la situazione.

Malgrado qualche risposta piccata, in molti hanno dimostrato solidarietà, promettendo di parlarne coi colleghi, o presentare delle interrogazioni, come quella della senatrice Simona Flavia Malpezzi, la quale redarguisce alcuni colleghi che abbandonano l’aula.

Più recentemente è stata presentata anche l’interrogazione della deputata Anna Ascani alla Camera, sottoscritta da altri colleghi.

L’appello ai parlamentari

Riportiamo di seguito uno stralcio del testo dell’appello che presenta alcune cifre rappresentative del problema in cui versa il sistema formativo dei medici italiani.

«Negli ospedali italiani al momento non servono i medici, bensì i medici SPECIALISTI, di cui vi è grave carenza, specialisti (cardiologi, ortopedici, pediatri, urgentisti…) che si formano grazie alle borse di specializzazione post-laurea». 

«Di medici neo-laureati l’Italia ne ha oltre 20.000 disposti ad entrare in specializzazione ma impossibilitati a farlo. Allo stato attuale dopo ben 7 anni di studi (6 + 1 anno per l’esame di stato) solo 1 medico su 3 ha la possibilità di continuare la carriera post-laurea». 

«Quest’anno in particolare avete erogato 8000 borse di specializzazione per più di 20.000 candidati, un numero palesemente insufficiente a risolvere il problema, difatti in questo modo oltre 12.000 medici non hanno la possibilità di proseguire nel proprio percorso». 

«Di questi 1.500 ogni anno emigrano, ad un costo per il nostro Paese di oltre 225 milioni di euro (fonte Fnomceo). Altri volendo rimanere Italia rimangono bloccati in un limbo fra Laurea e Specializzazione in cui non possono né lavorare nel SSN (se non a gettone, e senza le adeguate competenze) né continuare a formarsi». 

«Questi ultimi ogni anno si accumulano (in quanto ogni anno vi sono più laureati che borse) nel pool di persone che affronteranno il test di specializzazione l’anno successivo, aumentando il cosiddetto “imbuto formativo” e rendendo sempre più insufficiente il numero esiguo di borse erogate rendendo di anno in anno il problema più complicato da affrontare».

Le ragioni della mail-bombing ai parlamentari

Abbiamo contattato Payam Tabaee il quale spiega a Open le ragioni che hanno spinto lui e i suoi colleghi a organizzare la mail-bombing, la quale sembra aver ottenuto anche le attenzioni della ministra della Salute Giulia Grillo.

«Due giorni fa abbiamo modificato il testo della mail per eludere i filtri anti-spam dei parlamentari – precisa Tabaee –  oggi invece abbiamo creato un nuovo messaggio, perché la ministra Grillo ci ha risposto, però non è stata una risposta molto entusiasmante».

«Nelle scorse settimane abbiamo inviato a 150 parlamentari ogni giorno la stessa mail. Oggi invieremo a tutti i 950 lo stesso messaggio, ringraziando chi ci ha risposto e spiegando cosa possono fare per noi».

Quante sono state le risposte più soddisfacenti rispetto al totale?

«Abbiamo ricevuto una trentina di risposte. Uno di Fratelli d’Italia ci ha scritto “spero vi facciano morire male dopo lunga agonia”. Diversi deputati 5S ci hanno risposto, spiegando quel che avevano già fatto – anche se il problema è che non ci sembra abbastanza».

«Grillo e Bussetti si vantano di aver aumentato di 1800 i posti statali, che è una buona cosa, il problema è che i candidati che hanno partecipato ai test per la specialistica sono aumentati di oltre 2000. Quindi in realtà quest’anno l’imbuto non è diminuito: è aumentato».

In cosa consiste il cosiddetto «imbuto formativo»?

«In Italia, diversamente da altri paesi, un ex studente liceale entra in medicina tramite un test a cui di solito partecipano 60 mila persone, lo passano circa otto mila, dopo sei anni di studi si laureano, fanno un ulteriore anno per prendersi l’abilitazione (di fatto un anno perso), dopo di che devono superare un test per la specializzazione».

«Dopo l’anno di abilitazione diventano medici abilitati, dopo la specializzazione saranno neurologi, cardiologi, dermatologi, eccetera. In Italia è quasi impossibile entrare in un ospedale se non si ha una specializzazione. Quindi devono affrontare un test a cui quest’anno si sono iscritti oltre 18 mila candidati, ma le borse statali erano ottomila». 

«Secondo la Federazione italiana dei medici e odontoiatri, i medici inattivi sono 25 mila: quelli laureati e abilitati e che potrebbero entrare nella specializzazione. Ottomila entrano – più 672 in base alle borse delle regioni – gli altri restano tutti fuori. Di questi circa 1500 (oltre 2000 secondo altre fonti) emigrano ogni anno, rappresentando una grossa spesa per l’Italia». 

Perché i medici italiani all’estero rappresentano una spesa per noi?

«Perdiamo circa 225 milioni di euro in questo modo. Formare un medico in sei anni ha un costo. Quello che ha fatto partire la nostra manifestazione è che quest’anno Bussetti ha aumentato il numero di persone che possono entrare alla facoltà di medicina: una misura che costa circa 45 milioni di euro, con cui si potevano invece finanziare più borse per la specialistica».

«Tutto questo ovviamente non fa altro che aggravare il problema. I medici li abbiamo: mancano gli specialisti. Noi spendiamo per formarli e poi li lasciamo andare via».

«Io per esempio sceglierei la Germania, dove uno specializzando viene pagato più del doppio di quanto prenderebbe da noi, inoltre ha anche una formazione migliore. Tutti gli ospedali infatti partecipano alla formazione, in Italia questo possono farlo solo quelli universitari».

Ci sono anche quelli che restano e ritentano il test l’anno successivo.

«Un altro problema a cui non pensano quando vanno ad aumentare i posti alla facoltà di medicina, è che il prossimo anno ci sarà quasi il doppio di laureati. Nel 2014 c’è stato un maxy-ricorso in cui sono entrati in sovrannumero migliaia di altri studenti. Si stima che per il concorso che ci sarà tra due anni andranno a competere più di 26 mila persone».

«Il problema così si aggrava ulteriormente: inutile aumentare il numero di laureati se poi non possono trovare lavoro. Chi di dovere conosce molto bene il problema, solo che forse se ne frega: far credere alle famiglie che il proprio figlio possa studiare medicina porta più voti». 

«Anche continuare a proporre di levare il test di ingresso, per esempio, non è sostenibile perché mancano i posti, non ci sono i tutor e per i tirocini gli ospedali non hanno abbastanza spazio. Far entrare tutti è impensabile».

Chi non può permettersi di fuggire all’estero che fa?

«Di quelli che restano fuori chi non emigra finisce a fare medicina generale (i cosiddetti medici di famiglia, che richiedono comunque un’altra specializzazione), gli altri aspettano di riprovare il test e nel mentre fanno guardie e sostituzioni: si tratta di lavori precari. Io stesso ad agosto dovrò sostituire un medico».

«Nel mentre c’è una grande carenza di specialisti: si stima che entro il 2025 ne mancheranno oltre 16 mila. Occorrerebbe arrivare a finanziare almeno 11 mila borse. Questo è infatti quello che abbiamo chiesto nella mail di oggi».

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