«Bonus Dl 66/2014. Importo: euro 80». È la voce che qualcuno di noi, una platea di quasi 12 milioni di lavoratori (dati relativi al 2017), si trova dal 2014 in busta paga. Voce, che presto potrebbe sparire.
Lo aveva già annunciato il viceministro Massimo Garavaglia (Lega) prima dell’apertura della crisi di governo e ora torna a ribadirlo il presidente della commissione Bilancio della Camera. «La manovra ce l’abbiamo già pronta», dice Claudio Borghi (Lega) in un’intervista su La Stampa, quindi i leghisti sono pronti a cancellare (o meglio trasformare) il cosiddetto bonus Renzi.
Già al momento dell’annuncio di Garavaglia, la notizia aveva creato un po’ di scompiglio e c’è chi ha detto, in polemica, che l’abolizione del bonus sarebbe andata a colpire le fasce più deboli della popolazione. Ma è davvero così?
Lega: «Via il bonus Renzi»
Secondo le parole del presidente della commissione Bilancio, dunque, il taglio del bonus Renzi sarebbe già stato scritto nero su bianco nella manovra targata Lega. Non avendo ancora a disposizione il testo possiamo basarci solo sulle parole del viceministro Garavaglia, che aveva spiegato meglio i dettagli di questa iniziativa.
«Pensiamo a 10-15 miliardi di riduzione delle tasse. A partire dal superamento del bonus Renzi degli 80 euro», aveva detto Garavaglia durante un incontro con le parti sociali. Intenzione che è stata confermata anche da Borghi.
A spiegare cosa si intende per “superamento” è lo stesso viceministro: «La trasformazione in decontribuzione». In sostanza il bonus rimarrà, ma si trasformerà in una riduzione delle tasse, «senza che ne risenta la busta paga del lavoratore». Dunque chi lavora continuerà a vedersi versato lo stesso importo a fine mese. Perché allora subito dopo l’annuncio si è parlato di una mossa a svantaggio delle categorie più deboli?
Il primo a denunciare questo pericolo è stato lo stesso Matteo Renzi, ideatore del bonus degli 80 euro. «Alla fine a pagare sono sempre i più deboli, quelle famiglie per cui mille euro l’anno in più erano un aiuto vero. Ma Salvini, finito il tour in spiaggia, deve fare cassa. Mi dispiace perché era una misura giusta, che ha aiutato tante famiglie, ma mi dispiace soprattutto perché a rimetterci sono sempre i soliti», aveva scritto su Twitter l’ex premier.
Cos’è il bonus Renzi
Il Bonus Irpef, introdotto dal governo Renzi, è un’agevolazione per la riduzione del cuneo fiscale, entrata in vigore ad aprile 2014. Ammonta a un massimo di 80 euro mensili, pari a 960 euro annuali. Spetta a chi ha un reddito tra gli 8 mila e i 26mila euro (inizialmente il tetto era stato fissato a 24mila). Nella forbice tra i 24 e i 26mila euro, il lavoratore non riceve la somma intera degli 80 euro, ma una cifra ridotta, in base al reddito annuo. Allo Stato, il bonus costa circa 10 miliardi di euro l’anno.
Sparirà la voce “Bonus Dl 66/2014” dalla busta paga?
Sì, se dovesse cambiare la misura. Ma questo però non dovrebbe incidere sulla busta paga. Sarebbe solo una questione formale.
Verranno aboliti gli 80 euro?
Sia il professore Raffaello Lupi, docente di diritto tributario, che l’economista Luigi Guiso concordano nel dire che gli 80 euro non verranno aboliti. «Nessuno avrebbe il coraggio di togliere quei soldi dalle tasche degli italiani», dice Guiso. «Sarebbe un suicidio elettorale», concorda Lupi.
Cosa intende fare allora la Lega?
«Probabilmente abolire i contributi previdenziali a carico del lavoratore», continua Lupi, cioè il lavoratore pagherà 80 euro di contributi in meno e quindi quei soldi rimarrebbero in busta paga. «In realtà già adesso, in un certo senso si può parlare di decontribuzione, perché gli 80 euro derivano da contributi che dovrebbe versare il datore di lavoro, ma non li versa e li lascia al lavoratore, solo che non è inquadrato come “decontribuzione” nel bilancio perché non passa per la riduzione delle aliquote, come invece succede per le normali decontribuzioni», spiega Guiso.
In soldoni, il bonus Renzi nel bilancio dello Stato è considerato come spesa. Qualora invece venisse inquadrato come decontribuzione non risulterebbe più come “uscita dalle casse statali” appunto.
Ma, in concreto, qual è la conseguenza per gli italiani?
«Nessuna», concordano i due esperti. «Se davvero la busta paga verrà lasciata com’è, non ci sarà alcuna differenza», dice Lupi che però vede difficile la realizzazione della misura.
«È complicato perché se vuoi lasciare nelle tasche dei lavoratori 80 euro netti, partendo dal lordo, dando anche la contribuzione, ci vogliono un sacco di soldi. A quel punto ci vorrebbero molti soldi in più dei 10 miliardi che servono per il bonus Renzi», spiega Guiso.
Il bonus infatti non incide sulla contribuzione, ed è anche per questo che andrebbe superato, secondo Garavaglia, perché «non vale dal punto di vista dell’accumulo contributivo per la pensione». Ma affinché rimangano intatti gli 80 euro netti in busta paga e valgano anche per la pensione, viene da sé immaginare che lo Stato dovrebbe stanziare più risorse.
«Non so dove li prenderanno i soldi per realizzare una misura del genere, a mio parere è solo un modo per marcare il territorio, cioè per mettere il sigillo su una misura che vedo di difficile attuazione. Anche perché, da quanto ho capito vorrebbero allargare la platea e questo significherebbe ancora più soldi», dice l’economista.
Cambierebbe qualcosa invece per le casse dello Stato?
«No, è tutta una questione di maquillage. Cambia la rendicontazione statistica. Il bonus – dice Lupi – verrebbe soltanto rinominato e questo può aiutare a mantenere i conti in ordine. Ma in pratica per lo Stato non cambierebbe nulla».
Qualora passasse la manovra, questo avrebbe un impatto sui meno abbienti come è stato detto?
«Il bonus non è un sussidio, infatti spetta a chi ha un reddito. Se tu hai redditi inferiori a 8mila euro non lo prendi, così come non lo prende chi ha la partita Iva o i pensionati. Non mi pare una misura che in generale va ad aiutare i meno abbienti quindi anche se venisse abolito in toto, cosa che non accadrà, non andrebbe in realtà a colpire i meno abbienti e nemmeno quindi se venisse trasformato in decontribuzione come vuole la Lega, semplicemente perché non è nato per aiutare le fasce più deboli. Il reddito di cittadinanza è un sussidio per esempio, il bonus Renzi non è la stessa cosa. La risposta è no», conclude Lupi.
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