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Serie A, ora è oligarchia: Inter e Napoli pressano la Juve. L’analisi

23 Settembre 2019 - 09:41 Daniele Miceli
Al di là della classifica, nerazzurri e partenopei sono una insidia vera per Sarri. Ecco perché

Il sospetto era venuto a molti, ora è assurto quasi a certezza con suffragio universale. Rischia seriamente di diventare un affare a tre la corsa allo scudetto 2019-2020; un rischio che, di fatto, è un allargare la rosa delle pretendenti vere a Napoli e Inter dopo la totale egemonia juventina degli ultimi anni (con otto scudetti di fila).

Con la Roma eventuale quarto incomodo, Conte e Ancelotti sono le vere spine di Sarri e di quel passaggio di consegne sulla panchina Juve che è una rivoluzione tattica, ma anche lo spazio aperto in cui gli oppositori provano a irrompere per cambiare le dinamiche di potere e prendersi lo scettro.

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Inter, non solo Conte

In testa, a punteggio pieno, c’è l’Inter. Conte, insieme alla potenza economica di Suning e all’esperienza di Marotta, è un fattore. Di carisma, di numeri. I nerazzurri hanno 8 punti in più dello scorso anno, quando a quest’ora avevano già perso a Reggio Emilia col Sassuolo e in casa col Parma.

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I numeri e le cause. La difesa, arricchita dall’arrivo di Godin, è la meno battuta della Serie A: un solo gol al passivo. Ma è tutta l’orchestra a suonare in armonia, e i veri direttori si sono piazzati al centro. La mediana dell’Inter è un poutpourri di intensità e fosforo. Brozovic è quello ammirato nell’ultima parte della gestione Spalletti. Barella e Sensi, acquolina in bocca per l’Italia, hanno già eseguito il grande salto con la disinvoltura degli olimpionici plurimedagliati. 

Mai sotto la sufficienza, giocano a compensarsi quando il compagno è meno in forma. Aggiungere che segnano e servono assist come se non ci fosse un domani: sono i brillantini sull’effetto Conte, il glitter dell’Inter.

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Dulcis in fundo, Lukaku. Criticato quando non segna per la stazza, esaltato per la stessa quando le cose girano per il verso giusto, un po’ come il pallone piazzato alle spalle di Donnarumma. Tre gol in quattro partite, gioco di squadra, sacrificio.

Il fantasma di Icardi accompagnerà per un bel po’, ma è innegabile che il gigante sia una colonna del gioco contiano, per i gol e per la capacità di far salire la squadra. Anche di sponda (vedi trasversa di Politano). Era un po’ che l’Inter non usufruiva dei cosiddetti ‘attaccanti di servizio.

E, a breve, Conte potrà contare appieno anche su Alexis Sanchez. Oltre che su Biraghi. Altro materiale di livello per una chimica esplosiva. Almeno in campionato.

Napoli, completezza e modernismo

A Milano si godono il fattore Conte, a Napoli ci sono mani spellate per l’evoluzione dell”Ancelottismo’. Tra le squadre di testa gli azzurri, a -3 dall’Inter, hanno avuto il calendario peggiore. Già tre trasferte, due sul campo di Fiorentina e Juve, e promozione quasi a pieni voti.

Le riprove, come per tutti, arriveranno col tempo. Eppure questo Napoli sembra avere qualcosa in più rispetto agli scorsi anni. A partire dal portiere: Meret (sostituito da Ospina a Lecce) è una garanzia assoluta. La difesa, bucata sette volte nelle prime due gare, ha subito una sola rete nelle ultime due. E dalla retroguardia in avanti è tutto uno stappare lo champagne.

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Il Napoli, che nell’ultimo lustro ha spesso comprato e non sfruttato a centrocampo (Valdifiori, Rog, Diawara per dirne tre), ha giocatori veri e rotazioni concrete nel reparto. Elmas è giocatore totale, altro che necessità di ambientamento. Un uomo in più in un centrocampo comandato da Fabian Ruiz. Che si sta prendendo tutto, anche la Spagna.

E non a caso ieri a Lecce, in tribuna, c’era Abidal. E cioè il Barcellona, che ha già messo gli occhi sul centrocampista azzurro. Che sa fare tutto e bene, e che ha già giocato in quattro partite in tutti e quattro i ruoli della mediana (da destra a sinistra).

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E poi c’è l’attacco. Bene, aveva ragione De Laurentiis. Più di Giuntoli e Ancelotti. La ricerca di una punta pesante sta dando i frutti sperati. Llorente è entrato nel Napoli (e nei tabellini) con l’entusiasmo di un ragazzino e gli effetti di un veterano. Lo spagnolo, che può far crescere e rifiatare Milik, completa un reparto vario e spietato con Mertens, Lozano, Insigne e Callejon. E i gol segnati sono già 13, nessuno come il Napoli.

Insomma, la Juve non è più sola. Almeno per ora. E cresce il partito di chi ritiene la nuova Serie A non più una tirannia, ma una oligarchia a tre. 

Foto di copertina Ansa

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