L'uomo che ha posteggiato l'auto davanti all'istituto, lungo la strada in pendenza, è stato denunciato per lesioni personali stradali gravissime
Resta grave la bambina di due anni e mezzo travolta da un suv, ieri mattina, davanti all’asilo “La casa nel bosco” di Chieri in provincia di Torino. Sottoposta a un delicato intervento neurochirurgico, durato sei ore ed eseguito dalla dottoressa Paola Peretta, direttrice di neurochirurgia dell’ospedale Regina Margherita, la bimba resta in prognosi riservata.
Rimane sotto osservazione all’ospedale Cto, invece, uno degli altri bimbi coinvolti nell’incidente, che ha riportato una contusione al volto e all’addome. Oggi verrà sottoposto ad alcuni controlli; la prognosi è di una ventina di giorni. I carabinieri, coordinati dal pm Ruffino, attendono la perizia tecnica per ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente.
L’uomo che ha posteggiato l’auto davanti all’istituto, lungo la strada in pendenza, è stato denunciato per lesioni personali stradali gravissime. A quanto si apprende, non avrebbe messo correttamente in sicurezza l’auto.
Wissen ha 19 anni, viene dalla Tunisia. La notte del 7 ottobre era sulla barca proveniente dalla Libia di 9 metri che si è ribaltata poco prima di arrivare a Lampedusa. Sono morte 13 donne, una di dodici anni e due incinte. I dispersi sono 17, e i bambini che mancano all’appello sono 4. 22 le persone sopravvissute.
«Avevo in braccio il bambino ma stavo annegando, per risalire ho perso il piccolino», dice Wissen al procuratore di Agrigento, Salvatore Vella. «Sono caduto in mare e, mentre andavo a fondo, tenevo gli occhi aperti così ho visto un bimbo di pochissimi mesi che stava annegando».
«L’ho afferrato per risalire, ma mi sono sentito afferrare alle gambe da un africano che chiedeva aiuto», racconta ancora, parlando della notte del naufragio e del bambino che ha provato a salvare. La barca aveva compiuto un percorso nuovo, partendo dalle coste libiche e deviando per Sfax, in Tnisia.
«Mi tirava giù e io avevo in braccio il bambino. Così sono stato costretto a slacciarmi i pantaloni per poterle risalire. Solo che, nel frattempo, ho lasciato la presa e l’ho perso. È stato terribile».
La notte del 7 ottobre
La tragedia arriva a pochi giorni dall’anniversario di due ecatombi nel Mediterraneo, quella del 3 ottobre e quella dell’11, entrambe nel 2013, dove sono morte in tutto 618 persone. L’isola di Lampedusa aveva da poco finito di omaggiarne i morti, che si è trovata a operarsi di nuovo per seppellirne di altri.
Un motore in avaria, la barca che si riempie d’acqua. Il meteo peggiorava. Giusto il tempo di avvertire le motovedette italiane che l’imbarcazione si capovolge. In mare cadono circa 50 migranti, numero ricostruito dalle testimonianze dei presenti. Tra chi affoga c’è anche il trafficante, che aveva raccolto 3mila dinari da ciascun imbarcato.
Lorraine, una ragazza di 24 anni incinta, imbarcatasi con il marito Nidal a Sfax, racconta il momento del capovolgimento. Quando sono saliti dalle spiagge tunisine, loro e gli altri sono stati posizionati sulla tolda della piccola cabina del capitano, mentre altri – tra cui la bimba di cui parla Wissein e le donne – erano sul fondo. «È stato terribile. All’improvviso un gruppo di persone si è messo su un unico lato e la barca si è capovolta».
«Era buio fitto – racconta – All’improvviso si è spento il motore. Dopo poco tempo abbiamo iniziato a imbarcare acqua, è stato il caos. Quando sono arrivate le motovedette molti erano già in acqua. Abbiamo lasciato Sfax con il mare calmo ma poi si è agitato, le onde erano molto alte. Sono incinta, siamo partiti solo perché in Tunisia non si può più vivere».
«Ci hanno detto di questa barca con gli africani che stava partendo per Lampedusa e abbiamo deciso di andare- continua – Quando siamo partiti il mare era buono, quando ci siamo avvicinati il tempo è diventato brutto, il motore si è fermato e ha cominciato a entrare acqua»
I funerali
Le bare anonime sono state disposte una accanto all’altra con dei piccoli mazzi di fiori di campo appoggiati vicino. I nomi delle 13 donne non ci sono, e dei loro figli nati nei campi di detenzione libici non si ha traccia. I corpi saranno seppelliti nel cimitero di Agrigento, e i funerali avranno luogo oggi 9 ottobre nella Casa della Fraternità di Lampedusa.
«Questi morti gridano “perché?”. Non sono morti per caso. Basta con il rimbalzo delle responsabilità», ha detto Francesco Montenegro, vescovo di Agrigento, che è andato a dare la benedizione alle salme. Il naufragio del 7 ottobre è solo l’ultima prova che il “Patto di Malta” deve allargare molto di più il suo sguardo.
13 bare dopo il naufragio a Lampedusa, 13 donne che hanno perso la vita. Domani i funerali saranno celebrati nella “Casa della Fraternità”, su richiesta dei sopravvissuti. Oggi i due parroci con il card. Francesco Montenegro per un momento di preghiera pic.twitter.com/tWvDff24zO