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Maturità 2020, la prova Invalsi diventa obbligatoria. Gli studenti: «Fioramonti ritiri la circolare o scenderemo in piazza» – L’intervista

26 Novembre 2019 - 15:46 Angela Gennaro
«Le prove Invalsi non hanno alcuna utilità per valutare le nostre conoscenze», dice Giulia Biazzo dell'UdS

Aver sostenuto le prove Invalsi durante l’ultimo anno scolastico diventa uno dei passaggi necessari per l’ammissione all’esame di Stato 2019/2020. Così sarà la maturità di giugno 2020, secondo la circolare diffusa in questi giorni dal ministero dell’Istruzione. Nel provvedimento c’è anche l’attesa reintroduzione della traccia di storia e l’avvio del colloquio orale mediante l’analisi dei materiali preparati dalla commissione da parte dello studente: via quindi il sorteggio delle tre buste. Una novità che non piace – affatto – ai sindacati degli studenti. Che lanciano un appello al ministro Lorenzo Fioramonti: «Il ministro ritiri subito la circolare, l’obbligo è del tutto ingiusto e inutile», dice Giulia Biazzo, coordinatrice nazionale di unione degli Studenti.

«Si tratta di una scelta antidemocratica che va contro tutte le rivendicazioni degli studenti sull’esame di Stato». Le prove Invalsi poi «non hanno alcuna utilità per valutare le nostre conoscenze, come denunciamo da anni insieme ad un’ampia parte della comunità scientifica internazionale». Il ministro quindi «ritiri subito la circolare o scenderemo in piazza in tutta Italia contro questa ennesima riforma che non rispetta i diritti e la formazione degli studenti».

Giulia Biazzo, cosa criticate di questo provvedimento?

«Questa circolare ministeriale arriva ancora una volta senza nessun anticipo rispetto a una consultazione con le rappresentanze studentesche. Più volte abbiamo chiesto – anche durante il mandato dell’ex ministro Marco Bussetti – di aprire una riflessione a tutto tondo sull’esame di Stato. Non è mai avvenuto e tante sono state le conseguenze: la questione delle tre buste e l’esclusione del tema di storia. Ora, per l’ennesima volta, gli studenti non sono stati consultati. Esiste un tavolo di lavoro del ministero dell’Istruzione con il sindacato degli studenti sulla questione alternanza scuola-lavoro, ma restava sospesa quella relativa all’esame di Stato. Ora la circolare arriva un po’ come una doccia fredda».

Cosa c’è che non va, dal vostro punto di vista, nel metodo Invalsi?

«Il metodo Invalsi ha da sempre visto il sindacato studentesco contrario. Non è uno strumento utile al miglioramento dell’offerta formativa. Tende a riprodurre delle classifiche molte volte stereotipate, tra le eccellenze al nord e le problematiche al sud, che poi non si rispecchiano nei tassi di dispersione scolastica, ma anche nella grossa differenza tra le scuole del centro e quelle di periferia. E non è solo una questione geografica tra nord e sud. Il tema è che il metodo Invalsi fa parte di un’offerta formativa non all’altezza delle aspettative, anche europee.

Si tratta di un metodo standardizzato, che riproduce un sapere nozionistico, non tiene conto del ruolo sociale della scuola e della trasversalità e dell’interdisciplinarietà su cui la didattica dovrebbe fondarsi. Si sofferma sul sapere a compartimenti stagni con un’impostazione mnemonica, mentre non si può non tenere conto anche dei percorsi individuali degli studenti. Siamo contrari a prescindere al metodo Invalsi, e per noi metterlo come criterio obbligatorio di accesso al’esame di Stato significa rivoluzionare completamente l’idea che il percorso formativo possa essere all’avanguardia e accomodarlo invece a inefficienti sistemi di valutazione».

Aver sostenuto le prove Invalsi diventa obbligatorio per l’ammissione all’esame, ma non influenzerebbe il voto finale.

«Per noi è strutturalmente sbagliato per qualsiasi anno di formazione: figuriamoci se poi è uno sbarramento di fatto che assomiglia molto ai test a numero chiuso».

Vedete una continuità tra il governo precedente e quello attuale quindi?

«Il ministro Fioramonti sembrerebbe avere un’idea di valutazione non in linea con l’impostazione del metodo Invalsi. Ma questa circolare è passata e noi dobbiamo valutare i fatti: cioè che a oggi siamo davanti alla – credo – nona riforma dell’esame di Stato (dai tempi della ministra Letizia Moratti).

Da un lato c’è il progresso della reintroduzione dell’esame di storia, una mossa necessaria rispetto al mandato Bussetti. Ma dall’altro resta la confusione. Esiste la possibilità di dare maggiore centralità alle rappresentanze studentesche. E su questo, infatti, il ministero dell’Istruzione ha intenzione di aprire una discussione più complessiva sull’esame di Stato».

Che le nuove prove Invalsi di quinta superiore dovessero diventare obbligatorie era comunque previsto dal decreto legislativo sulla revisione degli esami di Stato del 2017 e dalla Buona Scuola: l’obbligo era stato rinviato da Bussetti ma ora, per rimandare l’applicazione, bisognerebbe modificare il decreto del 2017...

«Era successa la stessa cosa con l’alternanza scuola-lavoro. Rispetto alla necessità di accelerare legislativamente alcuni processi, vorremmo dire a Fioramonti che il sistema di valutazione non è un tema tra tanti, ma è l’essenza della strada stessa che vuole intraprendere la scuola».

Cosa chiedete?

«Il ritiro immediato di questa circolare. Le forme di mobilitazione sono tante già oggi. Ci sono già scuole occupate in tutta Italia e tanti progetti di autogestione. Il tema – ed è anche la grande matrice di Fridays for Future, infatti porteremo questa istanza in piazza al Quarto Sciopero Globale del 29 novembre, sarà una rivendicazione molto forte – è liberare la conoscenza.

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