Più pensionati? Aumenta la richiesta di laureati (per la prima volta). Ma attenti al percorso di studi – Il rapporto

Area medico-sanitaria, economisti e ingegneri le specializzazioni più richieste. Ma per ridurre la disoccupazione giovanile occorre incentivare molto di più gli studi scientifici

Il mercato del lavoro ha sempre più bisogno di laureati in Italia. Sembrerebbe una notizia positiva, ma in realtà l’indagine parte da dati non così felici. Il primo fattore è proprio il basso numero di studenti laureati italiani. Il secondo è che di quei laureati, troppi hanno seguito corsi in ambiti umanistici.


A tracciare il profilo dei prossimi cinque anni – dati alla mano – è il rapporto Excelsior sui fabbisogni occupazionali 2019-2023 di Unioncamere presentato alla rassegna Job&Orienta di Verona. L’analisi conferma che le imprese hanno bisogno, ma non riescono a ingaggiare, giovani che abbiano completato un percorso tecnico-scientifico o economico.


Secondo le informazioni raccolte, nel quinquennio a venire, le aziende avranno bisogno di circa un milione di nuovi laureati: peccato che le università ne promuoveranno quasi centomila in meno.

I laureati che non ci saranno

Secondo le previsioni, da qui al 2023 il sistema universitario italiano produrrà 179.200 laureati ogni anno. Se rapportiamo questa cifra al fabbisogno delle imprese (che varia da un range tra 191.800 e 202.700 per anno), sul mercato verranno a mancare in media 18.000 giovani laureati per anno. Nel 2023, stando alle previsioni di Unioncamere, l’Italia avrà bisogno di 90.000 unità che saranno irreperibili tra gli ex studenti delle nostre università.

Un bacino dal quale attingere?

Il report, tuttavia, non dimentica quei 337.000 laureati italiani che, oggi, sono finiti nel grande bacino della disoccupazione. Nell’ultimo anno solo 13.000 sono riusciti a trovare un’occupazione. La loro è una situazione particolare: non sono più neolaureati e, proprio per il passare degli anni, diventano sempre meno appetibili per il mercato del lavoro. Data l’incombente esigenza di lavoratori con formazione universitaria, le aziende cominceranno ad attingere da questo gruppo, ma non abbastanza da esaurirlo.

Le lauree più richieste

Medici e operatori della sanità, economisti e ingegneri: sono questi i corsi di laurea dai quali le aziende assumeranno di più. Il solo settore medico-sanitario copre una quota del fabbisogno pari al 17,5%: ci sarà bisogno di circa 174.000 unità provenienti da quelle facoltà.

Circa 100.000 posti di lavoro saranno da coprire, nel prossimo quinquennio, nell’area giuridica. Al quinto posto, 88.000 posti di lavoro saranno richiesti nell’ambito dell’insegnamento e della formazione. Fanalino di coda, con soli 6.500 posti di lavoro da coprire dal 2019 al 2023, la disciplina delle scienze motorie.

Impulso Quota 100

«Sembra profilarsi – si legge nel report – almeno per il primo triennio di previsione (2019-2021), una carenza di offerta rispetto al fabbisogno di laureati espresso dal sistema economico, accresciuto per gli effetti derivanti dalla fuoriuscita di personale determinata dai provvedimenti noti come Quota 100. Nel 2022-2023 si prevede invece una situazione di modesto eccesso di offerta, che potrebbe peraltro consentire di ridurre le carenze emerse negli anni precedenti».

L’Italia e l’Europa

L’Italia ha anche la più bassa percentuale di laureati in Europa: «Questa scarsità non si traduce però in un vantaggio nel mercato del lavoro per i laureati italiani – spiega il rapporto -. I tassi di disoccupazione dei nostri laureati, comparabili a quelli dei diplomati, sono molto più alti di quelli di Paesi dalla struttura economica simile al nostro: negli ultimi 15 anni, per esempio, la disoccupazione dei laureati tedeschi nella fascia d’età 25-39 anni ha oscillato tra il 2 e il 4%, quella degli italiani tra l’8 e il 13%».

La chiave tedesca

Anche la Germania registra una percentuale di laureati nettamente più bassa della media europea e inferiore di 10-15 punti percentuali rispetto a quella di Francia e Spagna. Ma allora perché la disoccupazione è nettamente più bassa tra i giovani tedeschi?

«Perché la composizione per disciplina è completamente diversa da quella italiana – si legge nel report -. La Germania laurea molti più giovani in informatica, ingegneria ed economia, mentre l’Italia ha molti più laureati in scienze sociali e in discipline artistiche e umanistiche».

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