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Tablet, realtà virtuale ma niente smartphone. La ministra Pisano racconta a Open la scuola del futuro

19 Dicembre 2019 - 07:24 Valerio Berra
Negli ultimi 15 anni le camere da letto degli studenti si sono riempite di schermi luminosi, tra smartphone, tablet e monitor di pc. Le aule scolastiche, invece, sembrano uguali alle fotografie del passato. È scomparso giusto il calamaio

La chiamano la «Signora dei droni», per gli spettacoli aerei organizzati a Torino quando era assessore. A lei, però, questo soprannome non piace. Paola Pisano, classe 1977, è la prima ministra dell’Innovazione nella storia della Repubblica. E non tanto perché prima ci fossero solo uomini ma perché prima di lei non esisteva proprio un ministero dell’Innovazione. Il suo percorso politico comincia con il Movimento 5 Stelle a Torino, città in cui ricopriva la cattedra di Gestione dell’Innovazione all’UniTo. Nel 2016 Chiara Appendino la sceglie come assessora all’Innovazione e qua comincia a lanciare i primi progetti per portare la città un passo avanti nel futuro. Secondo il curriculum pubblicato sul sito del comune di Torino, ha una laurea, un master e un dottorato in Economia, tutti conseguiti all’UniTo.

Nei suoi anni da assessora ha aperto le strade della prima capitale d’Italia alla sperimentazione della auto a guida autonoma e ha lanciato i test di RoboTo, un locale la cui gestione viene affidata a dei robot. Nel gennaio del 2019 arriva prima nella classifica Digiwoman della rivista Digitalic Mag, un risultato che le permette di fregiarsi del titolo di «Donna più influente d’Italia», superando Samantha Cristoforetti e Milena Gabanelli. Nell’aprile 2019 ha rinunciato a ricoprire il ruolo di capolista nella circoscrizione del Nord Ovest del Movimento 5 Stelle nelle elezioni europee per continuare i suoi progetti come assessore.

A cosa serve un ministero dell’Innovazione

Foto: Ansa | Pisano nel giorno giuramento del Governo Conte II

Certo, la formula ministero dell’Innovazione è nuova. Eppure in Italia ci sono stati già diversi progetti che avevano come scopo quello di digitalizzare il Paese. Solo nel 2016 l’allora primo ministro Matteo Renzi aveva chiamato Diego Piacentini, vicepresidente di Amazon, a ricoprire il ruolo di commissario del governo per il Digitale e l’Innovazione. Incarico che ha portato avanti fino all’ottobre 2018, pochi mesi dopo l’insediamento del Conte I. Perché quindi un ministero dell’Innovazione ora? Paola Pisano spiega che questa istituzione nasce per rimettere il tema del digitale al centro dell’agenda del governo: «In Italia si sente l’esigenza di avere una politica comune per quanto riguarda la digitalizzazione e l’innovazione che entri a far parte delle misure strutturali delle politiche del nostro governo. Serve al nostro Paese per entrare nella quarta rivoluzione industriale».

Le domande di Open

Open ha scelto di intervistare la ministra Pisano su due temi. Il primo è la scuola. Mentre negli ultimi 15 anni le camere da letto degli studenti si sono riempite di schermi luminosi, tra smartphone, tablet e monitor di pc, le aule scolastiche sembrano inchiodate a un’estetica lontana. È vero, non c’è più il calamaio e forse è sparita anche la lavagna di ardesia, ma non si può certo dire che siano ambienti digitali. Così come fermo al passato è anche l’accesso a tanti servizi pubblici. Code al comune, pratiche e bolli da pagare in tabaccheria e fotocopie su fotocopie dei documenti di identità. La prima sfida per digitalizzare l’Italia inizia proprio dalla sua burocrazia. E la partita, per ora, si gioca tutta sullo Spid, quel sistema pubblico di identità digitale che permetterebbe ai cittadini di accedere con un unico account a tutti i servizi online della pubblica amministrazione.

Foto di copertina e ripres: Vincenzo Monaco

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