Zingaretti vuol rifondare il Pd (compreso il nome): e guarda alle Sardine. Santori frena: «Le nostre piazze né con la destra né con la sinistra»

«Non possiamo definire ufficialmente le sardine come di sinistra», ha detto Santori a La Stampa. «Le piazze sono libere»

«Vinciamo in Emilia Romagna», dove «il Pd sta facendo la campagna elettorale per Stefano Bonaccini in splendida solitudine» senza l’appoggio di Iv e M5s, «e poi cambio tutto: sciolgo il Pd e lancio il nuovo partito». Anche il nome dell’attuale partito dem sarebbe in discussione: «Lo decideremo», ha aggiunto il segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, intervistato da Repubblica. Il segretario parla di un Pd che apra «alla società civica e ai movimenti che stanno riempiendo le piazze in queste settimane». In primis alle sardine.


Come sa bene Zingaretti, e come ha mostrato un sondaggio di Monitor Italia, realizzato in collaborazione con Agenzia Dire e Istituto Tecnè, se le sardine si presentassero alle elezioni raggiungerebbero oltre il 10% dei consensi, facendo tremare la terra sotto i piedi ai due maggiori partiti di governo, M5s e Pd.


«Non voglio lanciare un’opa sulle sardine – dice – rispetto la loro autonomia: ma voglio offrire un approdo a chi non ce l’ha». Zingaretti guarda dunque al movimento – fondato a Bologna lo scorso novembre in chiave anti-Lega – come ancora di salvezza non solo per le elezioni in Emilia Romagna, ma per il partito stesso sul lungo periodo.

«È inutile che ci giriamo intorno, non possiamo fare melina fino al 26 gennaio, non possiamo fare ogni giorno l’elenco delle cose sulle quali non c’è accordo nella maggioranza», ha detto ancora Zingaretti. «Non è il tempo di distruggere, ma di costruire subito una visione e poi un’azione comune, su pochi capitoli chiari: come creare lavoro, cosa significa green new deal, come si rilancia la conoscenza, come si ricostruiscono politiche industriali credibili nell’era digitale».

La versione di Santori

Ma a creare interferenze nel dialogo tra il Pd e le sardine è Mattia Santori stesso, portavoce ufficiale, che ha messo le cose in chiaro in un’intervista su La Stampa: «Io sono un moderato di sinistra ma le Sardine no, nel momento in cui raccogliamo consenso trasversale».

Niente partito autonomo, ma nemmeno un partito d’appoggio: «La componente più forte del movimento è progressista, ma non lo possiamo definire ufficialmente di sinistra. Le piazze sono libere».

«Uno dei nostri compiti è riconoscere la buona politica – ha dichiarato – non sostituirci ai partiti. Ma può essere che qualcuno che ha partecipato a questo risveglio di coscienze decida di entrare in politica».

Parlando dell’eventualità che la Lega vinca le Regionali in Emilia Romagna, Santori dice che «nelle città in cui ha vinto sappiamo da chi ci vive che c’è un’attenzione diversa ai temi sociali, alla cultura, alle associazioni. Ma la vera domanda – sottolinea ancora – è cosa succede se in Emilia perde la Lega».

«Per Salvini è un crocevia importante», insiste. «Se invochi un referendum a tuo favore e lo perdi, è uno smacco. Sarebbe l’inizio di un’inversione di tendenza».

L’incontro delle Sardine in programma a marzo «sarà un momento per decidere quale direzione prendere, quale struttura darci», spiega Santori. «Si sta avvicinando una nuova fase, più propositiva, dove sceglieremo temi e battaglie», tra cui «la democrazia digitale. Mancano regole sul dibattito politico sui social network, non c’è trasparenza sui soldi spesi, eppure io penso che il 60% del consenso si formi attraverso i social. Potremmo chiedere un intervento su questo già prima delle elezioni in Emilia: denunceremo una serie di situazioni che abbiamo osservato in questi mesi».

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