Si chiama Shohreh Bayat ed è la prima donna che in Asia ha ricoperto il ruolo di arbitra di scacchi. A farle raggiungere la fama mondiale, però, non è stata la sua bravura, ma le dure critiche a cui è andata incontro togliendosi l’hijab durante una competizione.
La giovane trentaduenne, di nazionalità iraniana, è stata ritratta in diverse foto e video senza il velo mentre arbitrava a Shanghai la Women’s world Chess championship, prestigiosa gara mondiale di scacchi femminile. Al momento si trova a Vladivostok, in Russia, per la seconda parte del torneo, e teme ripercussioni penali e giudiziarie qualora rientrasse in Iran.
Iranian chess referee Shohreh Bayat, accused of violating her country’s Islamic dress code while officiating a women’s tournament in Russia, says she is afraid of returning to her country https://t.co/sp8Bgd8yUx pic.twitter.com/SrLtU9dv9y
— Reuters (@Reuters) January 18, 2020
A raccontare la sua vicenda è stata, tra le altre testate, la BBC, con la quale Shohren Bayat si è sfogata: «Non riesco a pensare a nessun’altra iraniana che abbia lavorato in un torneo di così alto livello – ha detto – ma la sola cosa che conta per loro è il mio velo».
Senior referee @ShohrehBayat @FIDE_chess Women’s World Chess Championship caused controversy in her home country of Iran by appearing to not wear her hijab. Why is she scared to return? @sarahrainsford explains https://t.co/Cq5ctZsCmp
— BBC Woman’s Hour (@BBCWomansHour) January 17, 2020
«Quando ho visto il clamore che aveva causato quella foto sono entrata nel panico», ha continuato l’arbitra. «Dicevano che la mia era una protesta politica. Sono molte le iraniane finite in prigione a causa del velo. Magari mi usano come un esempio».
La reazione della Federazione
Bayat ha chiesto aiuto alla Federazione di scacchi iraniana, sperando di poter avere le spalle coperte quando tornerà nel suo Paese. Ma i dirigenti, al contrario, le hanno detto di scrivere una lettera di scuse per il suo comportamento e di sottolineare nel testo l’importanza di coprirsi il capo con il velo.
La giovane arbitra ha rifiutato, e ha deciso di rimanere senza l’hijab. «Tanto mi avevano già condannata. Non cambia nulla», ha detto Bayat. «Ma non tornare a casa è una decisione dura, sono triste perché mi mancherà la mia famiglia. Se potessi rientrare lo farei».
Il vice presidente della Federazione internazionale, invece, ha commentato su Twitter: «Difficile da credere che cose del genere succedano ancora. Il hijab non è, e non sarà mai, un capo obbligatorio sotto questa amministrazione».
The #hijab is not, and will never be, compulsory headwear under this #FIDE administration. https://t.co/H0euLLI2bc
— Nigel Short (@nigelshortchess) January 14, 2020
Bayat è solo l’ultima di una serie di atleti, atlete e personaggi di spicco del mondo dello sport che hanno deciso di lasciare l’Iran. L’ultimo caso è stato quello della campionessa mondiale di taekwondo Kimia Alizadeh, autodefinitasi come «una delle milioni di donne oppresse in Iran», che ha deciso di abbandonare il suo Paese e continuare ad allenarsi Olanda in vista delle olimpiadi di Tokyo.
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Foto copertina: Twitter