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Caso Cucchi, la sentenza: «È omicidio, senza un evento traumatico non sarebbe morto» – Il documento

06 Febbraio 2020 - 17:55 Sara Menafra
«I carabinieri agivano nell'esercizio dei poteri», facendone un uso distorto, scrivono i giudici

Stefano Cucchi stava bene. Non era malato, non  era sottopeso, non era più tossicodipendente. E non sarebbe morto se non ci fosse stato un evento traumatico. E’ il passaggio più importante delle 120 pagine di motivazioni collegate alla sentenza con cui i  giudici della corte d’Assise di Roma hanno condannato due carabinieri a 12 anni. Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro per omicidio preterintezione, e il maresciallo Roberto Mandolini e Francesco Tedesco, entrambi per falso. «Stefano Cucchi, vivendo sino alla sera del 15 ottobre del 2009, in una condizione di sostanziale benessere, se non avesse subito un evento traumatico», si legge.

Cosa dice il testo della sentenza

L’evento traumatico dunque. Una azione che ha «generato molteplici e gravi lesioni, con l’instaurarsi di accertate patologie che hanno portato al suo ricovero e da lì a quel progressivo aggravarsi delle sue condizioni che lo hanno condotto alla morte». L’evento morte, è il linguaggio giuridico ad avere la meglio, è stato causato dalle lesioni.

«Una catena causale – afferma la corte – che parte, dunque, da un’azione palesemente dolosa illecita che ha costituito la causa prima di un’evoluzione patologica alla fine letale». Non solo, il giudice nell’escludere le attenuanti dice anche che chi ha ucciso Cucchi era nel pieno esercizio delle funzioni di militare, «facendo un uso distorto dei poteri» conferiti dallo Stato. Per questo motivo, la condanna non tiene conto del fatto che Di Bernardo e D’Alessandro fossero incensurati.

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