Coronavirus, la guida dell’Oms su quali parole usare per parlare dell’emergenza


L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) detta nuove regole su come affrontare l’emergenza da coronavirus: la notizia è stata riportata dall’Istituto superiore di sanità (Iss) sul proprio sito, in collaborazione con l’International Federation of Red Cross e Red Crescent Societies (Ifrc) e Unesco. L’idea dell’Oms è quella di redigere una guida rivolta alle istituzioni governative, ai media e alle organizzazioni che lavorano nel campo della nuova malattia da Coronavirus, per prevenire e affrontare una situazione prima di tutto sanitaria che però ha ricadute sugli scenari sociali.

Questo perché, specie nell’ultima settimana, si è fatto uso di un’imprudente e scorretta associazione tra la malattia e particolari luoghi o etnie, che passa attraverso espressioni quali «virus cinese» o «virus di Wuhan» o «virus asiatico». Ma anche parlare di «casi sospetti» o «sospetti Covid-19» come pure di persone che «trasmettono Covid-19», che «infettano gli altri»: sono espressioni che alimentano fenomeni a sfondo razzista, così come reticenza a sottoporsi a test, screening o quarantene.
Lo stesso discorso vale per tutte le volte che si parla con eccessiva enfasi degli sforzi compiuti in campo medico per trovare cure e vaccini: è un modo di fare informazione che, si legge nella guida dell’Organizzazione, «può aumentare la paura e dare l’impressione che non siamo in grado di arrestare le infezioni.
Infine, lo «stigma sociale» – così lo definisce l’Oms – può essere favorito da una conoscenza insufficiente relativamente a come il nuovo coronavirus viene trasmesso e trattato e come si può prevenire l’infezione. Di conseguenza, rileva l’Oms, «occorre diffondere, con linguaggio semplice privo di termini clinici, informazioni accurate e specifiche in relazione a: le aree interessate, la vulnerabilità individuale e di gruppo a Covid-19, le opzioni di trattamento, cosa fare per avere assistenza sanitaria e informazioni sulla malattia».
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