In Evidenza Governo MeloniLibanoPremio Nobel
ATTUALITÀCEIItaliaLGBTQ+Liber* Tutt*OmofobiaVaticano

Per la Cei una legge sull’omotransfobia non serve: «No al processo per chi esige la famiglia tradizionale»

10 Giugno 2020 - 12:02 Giulia Marchina
Il testo è ora in discussione in Commissione Giustizia alla Camera

Una nuova legge sull’omotransfobia, per la Cei, «non serve». La legge cui la Conferenza Episcopale si riferisce è la Zan-Scalfarotto, che in questo momento è in discussione in Commissione Giustizia alla Camera. Per i vescovi «esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio». «Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alla proposte di legge contro i reati di omotransfobia» perché «un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide».

Omotransfobia e famiglia

L’aspetto su cui la Presidenza della Cei fa leva è quello della famiglia: «Sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma, e non la duplicazione della stessa figura, significherebbe introdurre un reato di opinione». I vescovi giocano quindi la carta della libertà d’espressione, e si appellano a quel sottile equilibrio che c’è tra questa e la propria libertà personale, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso.

«Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto». «Nella misura in cui tale dialogo avviene nella libertà – conclude la nota dei vescovi -, ne trarranno beneficio tanto il rispetto della persona quanto la democraticità del Paese».

La legge Zan

La legge Zan-Scalfarotto è stata presentata a luglio 2018 da Alessandro Zan, in quota Pd, e arrivata in Commissione Giustizia alla Camera il 4 giugno per la prima discussione generale. Il testo è stato scritto per contrastare la violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere e le discriminazioni correlate. Intento della proposta di legge è quello di «equiparare le manifestazioni di odio fondate sull’omofobia e sulla transfobia a quelle, già riconosciute e punite dal nostro ordinamento, fondate su motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o rivolte contro gli appartenenti alle minoranze linguistiche».

Se il testo venisse approvato, chi commette reati motivati da «stigma sessuale, in particolar modo nei confronti delle persone omosessuali e transessuali», rischia fino alla reclusione. Infatti nella legge è prevista un’estensione dei reati puniti dagli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale anche alle «discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere della vittima».

Zan ha dichiarato in una intervista che la legge interverrà sull’istigazione e sul compimento di atti discriminatori e violenti. «Si è scelto invece di lasciare fuori il tema della propaganda delle idee», visto il delicato equilibrio con la libertà di espressione. «Anche se chiamare, ad esempio, una persona “f****o di m***a” non può certamente essere inteso come libertà d’espressione».

Le reazioni

«Sono molto sorpresa dalla reazione dei vescovi contro la legge sull’omotransfobia che stiamo discutendo in commissione». A dirlo è Francesca Businarolo (M5s) Presidente della commissione Giustizia della Camera. «Affermare, come fanno i vescovi italiani, che “esistono già adeguati presidi” per contrastare questo fenomeno significa non voler prendere atto di una dura realtà di discriminazione nei confronti della quale noi sentiamo la responsabilità politica ed etica di intervenire».

Leggi anche:

Articoli di ATTUALITÀ più letti