Inchiesta su Alzano e Nembro, primi due indagati sulla mancata chiusura del pronto soccorso

Nel pronto soccorso in Val Seriana lo scorso 23 febbraio erano stati individuati due pazienti positivi. Era stato chiuso, per poi essere riaperto appena tre ore dopo

Ci sono i primi due indagati nell’inchiesta della procura di Bergamo sulla gestione dell’emergenza Coronavirus in Val Seriana, in particolare su quanto accaduto al pronto soccorso di Alzano, chiuso e riaperto nel giro di tre ore il 23 febbraio, dopo la scoperta dei primi due contagiati nella Bergamasca, poi morti. Come riporta il Corriere della Sera, le ipotesi di indagine per i primi due iscritti nel registro degli indagati è di epidemia e omicidio colposo, ma i loro nomi non sono stati resi pubblici. Si tratta di uno dei due filoni di inchiesta, con il secondo che riguarda la mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana, caso per il quale sono stati sentiti i vertici della giunta regionale lombarda, oltre che quelli del governo, dal premier Giuseppe Conte e i ministri Speranza e Lamorgese.


Al momento nessun dirigente e medico dell’Azienda socio-sanitaria di Seriate, che ha competenze su Alzano, ha ricevuto avvisi di garanzia. Finora comunque tutti gli operatori sanitari e i dirigenti sono stati sentiti dalla procura come persone informate sui fatti, con gli interrogatori partiti da metà maggio a partire dall’ex direttore della Sanità lombarda, Luigi Cajazzo, quello della Asst di Seriate, Francesco Locati, e il direttore sanitario Roberto Cosentina.


L’indagine

Mentre a Codogno, nel Lodigiano, dopo la scoperta del primo positivo era stato rapidamente chiuso il pronto soccorso, rimasto inaccessibile per tre mesi, ad Alzano il 23 febbraio scorso la sospensione del servizio è durata appena tre ore. I dirigenti sentiti dai magistrati hanno spiegato che l’obiettivo era non perdere l’unico presidio ospedaliero della zona. Si era proceduto quindi con la chiusura temporanea, dopo l’individuazione di due casi positivi, per procedere con una sanificazione effettuata da personale interno. L’indagine punta quindi a verificare cosa possa non aver funzionato nella gestione di quei due pazienti, ricoverati giorni prima della scoperta della positività, oltre che nella sanificazione del pronto soccorso e dei reparti.

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