Marco, insultato dal genitore omofobo: «Io, educatore gay, vorrei diventare padre. I commenti dei genitori mi ricordano il bullismo» – L’intervista

33 anni di Lucca, ha fatto coming out a 16 e a Open racconta la delusione dopo i commenti dei familiari di alcuni bambini: «Sono tornato indietro nel tempo, a quando alle medie mi hanno buttato giù dalle scale dicendomi “Tu nello spogliatoio dei maschi non entri”»

«Da ragazzino sono stato vittima di bullismo e ora, quando un genitore mi dice che sono “un bravo educatore ma gay“, provo un senso di rabbia e dolore. In quel momento, credetemi, mi è passato un treno nello stomaco, ho provato un senso di rabbia e dolore. Sono tornato indietro nel tempo, ad esempio quando alle medie mi hanno buttato giù dalle scale dicendomi “Tu nello spogliatoio dei maschi non entri”. A mia madre, in quell’occasione, dissi che ero caduto da solo». Questo è il racconto, a Open, di Marco Dianda, 33 anni, l’educatore di Lucca apostrofato come «bravo ma gay» dal genitore di un bambino.


«Ci associano ai maniaci e ai pedofili»

La sua storia – coming out a 16 anni con il padre che ha «rischiato un ictus», ironizza lui – dimostra quanto sia importante, oggi più che mai, una legge contro l’omofobia che, intanto, è approdata in commissione Giustizia alla Camera. «Molti associano i gay ai maniaci e ai pedofili. E questo clima di certo non aiuta. Salvini, ad esempio, che si scaglia contro la legge Zan, non ha capito che nessuno vuole sottrarre diritti agli etero, siamo solo stanchi di subire violenze. E poi il leader della Lega, grande sostenitore della famiglia tradizionale, non mi sembra che sia un esempio di padre tradizionale, avendo avuto più relazioni».


L’incubo di fare gli educatori in Italia

Il suo, poi, è un lavoro in gran parte svolto da donne: «A Lucca credo di essere l’unico uomo, è vero. Ma io amo questa professione, nonostante sia sottopagata. Prendiamo 1.000 euro al mese e ci chiedono grandi competenze e abbiamo persino la responsabilità penale sui bambini. Siamo ridotti ai minimi termini, veniamo sballottati da una cooperativa all’altra, senza tutele. Io, a 33 anni, sono costretto a farmi mantenere dai miei genitori, soprattutto adesso che ho deciso di mollare tutto per tornare a studiare, per una laurea magistrale in Comunicazione d’impresa. Ho un mutuo da pagare, le rate dell’auto, la spesa, posso sempre chiedere aiuto ai genitori?».

«Vorrei diventare padre»

Ora, però, il genitore vorrebbe farlo lui: «Vorrei diventare padre, sì, anche per questo ho scelto di fare questo lavoro. Ho un forte senso di paternità. Ma per un’adozione avrei bisogno di un lavoro e di una stabilità economica che, purtroppo, al momento non ho».

Foto in copertina da Facebook

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