Focolaio in Veneto, ancora scontro tra Zaia e Crisanti. Il governatore: «Il centro migranti sia dismesso». Il virologo: «Gli extracomunitari non portano il virus»

Nel centro di accoglienza di Casier, sono stati scoperti 132 casi di positività – 131 migranti e un mediatore culturale -. Ma se Zaia polemizza sugli ospiti della struttura, il membro della task force veneta dichiara: «Queste persone sono state lasciate sole»

C’è stato un periodo in cui la diffusione del Coronavirus, in Veneto, sembrava essersi fermata. Pochi casi, alcuni giorni persino zero nuovi contagi: un miracolo per un territorio che è stato colpito con la stessa tempistica della tristemente famosa Codogno. Poi, però, con l’inizio dell’estate, i focolai veneti sono tornati a riaccendersi: il contrasto alla pandemia torna a essere il pane quotidiano per cittadini e politici della Regione.


«Clinicamente in questo momento non siamo in emergenza», ci tiene a precisare il governatore Luca Zaia, che annuncia la firma di una nuova ordinanza che «prolungherà tutte le misure già previste fino al 15 ottobre». Poi spiega che in Veneto, al momento, sono 45 i focolai attivi. Quello che più lo preoccupa, però, è il cluster nato nell’ex caserma Serena di Casier, nel Trevigiano: nel centro di accoglienza, 131 migranti e un mediatore culturale sono stati trovati positivi al Covid.


La comunità «deve avere la tranquillità – che dal centro di accoglienza di Casier – non si può uscire e non si può entrare per andarsi a prendere il virus», afferma il presidente della Regione. «I veneti hanno trascorso mesi chiusi in casa – puntualizza poi Zaia, riferendosi alle proteste di alcuni migranti per la quarantena obbligatoria – non capisco perché questi signori stiano già alzando la voce perché vogliono uscire. Qui si vede se esiste lo Stato oppure no».

Zaia, leghista di lungo corso, afferma che i centri di accoglienza di questo tipo devono essere chiusi. Almeno nella sua Regione: «Resta sottinteso che strutture come l”ex caserma Serena e altre che ha il Veneto devono essere dismesse. È ormai certificato che questo sistema di ospitalità è fallimentare, lo è socialmente, culturalmente, sanitariamente, economicamente, in tutti i sensi».

Chi si schiera contro questo tipo di retorica è proprio l’uomo simbolo della lotta al Coronavirus in Veneto: Andrea Crisanti, ribattezzato da alcuni Il signore dei tamponi, non ritiene che i migranti costituiscano un problema dal punto di vista epidemico: «Bisogna in qualche modo difendersi da questa narrativa degli extracomunitari che portano il virus», dichiara.

«Queste persone sono state lasciate sole durante l’epidemia, non gli hanno fatto i test. Ora però si scopre che vengono infettati, cosa che però succedeva fin dall’inizio. Sono stati abbandonati a se stessi a suo tempo, ad esempio non ho notizia di un’analisi condotta a tappeto sui centri per migranti – conclude Crisanti -. Io però avevo sollecitato al Veneto un’analisi dei richiedenti asilo già il 30 di marzo».

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