In Evidenza ENISiriaUSA
POLITICAElezioni RegionaliIntervisteM5SMarchePD

Regionali Marche, Mercorelli (M5S) chiude al Pd: «Non mi vendo per una poltroncina»

18 Agosto 2020 - 18:47 Marco Assab
Dal clientelarismo alla gestione della sanità, il candidato Cinquestelle spiega a Open le ragioni di un'alleanza impossibile con i democratici

«Se ci fosse stata una discussione articolata, su temi e questioni fondamentali per noi, magari si sarebbe anche potuto aprire un discorso. Ma andava fatto in altri momenti, in altri tempi, non ora che mancano tre giorni al deposito delle liste. Parlare di alleanze adesso fa un po’ sorridere». È netto il no di Gian Mario Mercorelli, candidato del M5s alle elezioni Regionali nelle Marche, a qualsiasi intesa con il Partito democratico. Raggiunto da Open Mercorelli ha anche sottolineato che, a differenza di quanto ricostruito sui giornali, non c’è stata finora nessuna pressione da Roma. Sembrerebbe quindi ben tracciata la strada della corsa in solitaria, in alternativa al candidato del Pd Maurizio Mangialardi, e a quello del centrodestra Francesco Acquaroli, che i sondaggi al momento danno in vantaggio.

Le ragioni del no

Sulle ragioni del diniego Mercorelli è chiaro: «No perché a differenza per esempio della Liguria, dove c’è stata negli ultimi cinque anni una coabitazione in minoranza da parte di Pd e M5s, nelle Marche c’è la certezza di ciò che il Pd ha fatto (al governo della Regione ndr) e c’è anche l’assoluta volontà di continuità, da parte di questo candidato, rispetto al passato. Questo – prosegue Mercorelli – garantisce l’intento di non voler cambiare nulla».

Chi pensava dunque che il via libera su Rousseau alle intese per le amministrative potesse anche aprire degli spiragli sul fronte delle regionali, al momento può restare deluso. E proprio sul voto della base Mercorelli specifica: «Il voto sulla piattaforma si riferiva alle Comunali, questione non tanto sottile e fa specie che molti non se ne siano accorti. È un risultato che non mi piace tanto, lo dichiaro serenamente. Ma si parla di qualcosa che deve partire a tempo debito, dovendo condividere programmi, punti, scelte. Se ne parla prima, si conviene su qualcosa e poi magari si va insieme».

Nessuna pressione da Roma

Troppo tardi quindi per pensarci adesso e offrire poltrone, osserva il candidato pentastellato: «Mi hanno offerto la vicepresidenza del Consiglio regionale. Tra l’altro mi hanno già “degradato”. Prima mi avevano offerto la presidenza del Consiglio regionale attraverso il Fatto Quotidiano, perché a me non ha chiamato mai nessuno. Mi offrono la poltroncina sperando di farmi contento. Ma non mi vendo per una poltrona, ho una dignità da mantenere», ha spiegato.

E a dispetto dei retroscena sul costante lavorio per trovare, in extremis, un punto di incontro, Mercorelli smentisce categoricamente pressioni da parte dei vertici del Movimento per indurlo a un ripensamento: «Fino a prova contraria io con Di Maio neanche ci parlo. Non ho ragione di parlare con lui perché non è più il capo politico. Mi serve parlare con Crimi, con cui mi sento. Non ho mai avuto alcuna pressione da Roma, neanche una telefonata per dire “ripensaci”. Anzi, sono stato sostenuto in alcune uscite».

«Proprio ieri sera – racconta Mercorelli – ho parlato con Toninelli, chiedendogli per scrupolo: “Danilo siamo sicuri che non ci sia niente? Perché tutti scrivono…”, e mi ha rassicurato, perché ovunque ci sia stata una trattativa il candidato governatore è stato messo al corrente per primo, partecipando a qualsiasi discorso. Io non sono stato messo al corrente di un bel niente».

Perché alternativi al Pd

«Atteggiamento clientelare sistematico, sanità spostata in maniera massiccia verso la privatizzazione, gestione scandalosa del sisma, mancanza di qualsiasi slancio innovatore». La lista dei terreni di scontro che fa Mercorelli è lunga, e marca ancora di più il solco con il governo regionale a trazione Pd. Altra ragione per non accordarsi, spiega il candidato Cinquestelle sono le liste dei democratici: «Se le vedete, insieme a quelle del centrodestra, ci sono i soliti che sono in ballo da 30-40 anni. Basta. Il punto non è mi alleo “con chi”, ma “con cosa”. Cosa rappresenta questa gente?».

A un mese dalle elezioni quindi di nuovi accordi tra Pd e M5s, per il momento, nemmeno l’ombra. La Liguria, con la scelta di Ferruccio Sansa dopo mesi di trattative, resta un unicum. Sondaggi alla mano sembra chiaro come la partita sia già decisa in Veneto, con il presidente uscente Luca Zaia in netto vantaggio sui rivali. Stesso discorso per la Liguria, dove il centrodestra ha concrete possibilità di vittoria con Giovanni Toti, anche lui governatore uscente. E se in Campania e Toscana le rilevazioni premiano al momento il centrosinistra, con Vincenzo De Luca ed Eugenio Giani, appare chiaro come il risultato complessivo si deciderà su due fronti: la Puglia e le Marche. E in entrambe le Regioni la musica che suonano i pentastellati locali è la stessa: niente accordi col Pd.

E se dovesse vincere nelle Marche il centrodestra? «Sarebbe indifferente», risponde secco Mercorelli: «cambierebbero solo i punti critici della mala gestione». Messaggio chiaro.

Fonte foto copertina: pagina Facebook Gian Mario Mercorelli

Leggi anche:

Articoli di POLITICA più letti