Coronavirus, i numeri in chiaro. Il virologo Maga: «Ci saranno focolai nelle scuole, ma non spaventiamoci»

Per il direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia «verosimilmente non avremo alcun vaccino fino alla primavera dell’anno prossimo». Per questo, in vista del ritorno alla mobilità per milioni di persone, «sarà fondamentale rispettare le norme anti-contagio: mascherina, distanza fisica e igiene»

Come ogni domenica, anche oggi, 6 settembre, il numero dei nuovi casi è sceso: sono 1.297, mentre ieri i contagi registrati nel bollettino della Protezione civile erano 1.695. D’altronde, i tamponi processati nelle ultime 24 ore sono stati circa 30mila in meno rispetto al giorno precedente. «Non guardiamo il numero assoluto delle nuove infezioni, fortemente influenzato dai test eseguiti», premette il virologo Giovanni Maga.


«È evidente che durante il mese di agosto c’è stato un aumento nella circolazione del virus», dice il direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia. «Il dato più indicativo per spiegarlo è la percentuale di persone positive sul totale di quelle che vengono testate». Al netto, ovviamente, dei soggetti a cui il tampone viene ripetuto più volte.


Direttore, cosa si capisce analizzando questa percentuale?

«Notiamo che dall’inizio di agosto fino alla seconda decade del mese c’è stato un aumento consistente di questa percentuale, arrivando a un massimo del 2,8% di positivi sui casi testati totali. Nell’ultima settimana, questa percentuale oscilla tra il 2% e il 2,5%».

Il risvolto di questi numeri sull’evoluzione dell’epidemia qual è?

«Questa percentuale ci dice che sicuramente circola più virus nel Paese, ma non si sono verificati fenomeni particolari di allargamento dell’infezione. Non ci sono focolai importanti, tantomeno catene di trasmissione sfuggite al controllo delle autorità sanitarie. È una situazione stabile, ma l’equilibrio è fragile».

Cosa bisogna fare per non rompere l’equilibrio di cui parla?

«Dobbiamo metterci in testa che, adesso, il virus circola di più che nel mese di luglio. Con la prospettiva di movimentare milioni di persone tra scuola e lavoro, il rischio di avere cluster rilevanti c’è. Per questo non possiamo permettere di sottovalutare l’importanza di assumere tutti dei comportamenti corretti: mascherina, distanza fisica e igiene».

Il vaccino può essere già considerato un elemento fondamentale nell’elaborazione dei vari scenari epidemici dei prossimi mesi?

«Verosimilmente non avremo alcun vaccino fino alla primavera dell’anno prossimo. Piuttosto, se i casi continuano ad aumentare, è inevitabile che ci saranno delle grosse difficoltà nel tracciare e controllare i positivi».

Anche le strutture ospedaliere potrebbero trovarsi di nuovo in difficoltà.

«Oggi abbiamo circa 32mila persone infette. Di queste, circa il 5% è ricoverato in ospedale. Una piccola quota, considerano il totale relativamente basso delle infezioni in corso. Se i casi positivi si triplicano, però, la pressione sulle strutture ospedaliere del 5% del totale delle infezioni potrebbe incominciare a essere alta».

I dati relativi ai ricoveri e le terapie intensive stanno crescendo: è un segnale?

«C’è un leggero aumento dei ricoveri e delle terapie intensive. I numeri assoluti sono ancora bassi, per questo uso l’aggettivo “leggero”. Al momento, la mole di questi pazienti è facile da gestire. Però questi numeri sono strettamente correlati all’età delle persone infette. Nell’ultima settimana, c’è stato un leggero innalzamento dell’età mediana: si è passati da 30 a 32 anni. Il rischio che questo numero si sposti ancora in avanti è incombente: per questo i positivi devono rispettare in maniera rigorosa l’isolamento e il distanziamento in casa per proteggere gli altri membri del nucleo familiare».

Potrebbe manifestarsi la situazione della scorsa primavera, con i posti letto allestiti nei corridoi degli ospedali e lo smistamento dei pazienti nelle strutture di regioni meno colpite dall’epidemia?

«La stagione influenzale già di per sé costituisce un carico per il sistema sanitario nazionale. Non credo arriveremo più alle condizioni di marzo e aprile, però potrebbero rendersi necessarie delle chiusure parziali. Dei nuovi lockdown, per intenderci, a livello territoriale o regionale».

Prima faceva riferimento allo spostamento di milioni di studenti. È stato fatto tutto il necessario per consentire la riapertura delle scuole in sicurezza?

«Chiaramente la riapertura delle scuole, che non è rinviabile perché è una componente essenziale per la società, rappresenta una sfida. Sappiamo che in età scolare si è ugualmente suscettibili all’infezione. Si tratta di una situazione che deve essere controllata in maniera attenta: non spaventiamoci se, a un certo punto, si creeranno dei focolai nelle scuole: è una cosa attesa, difficile pensare che non accadrà».

Cosa bisognerà fare in tal caso?

«Sarà importante controllare quei focolai. Credo, per tornare alla domanda precedente, che le misure pensate per le scuole siano corrette. Nella realtà dei fatti, però, non so quanto potranno essere attuate. Sarà un mondo scolastico nuovo: uscite, ingressi controllati, mascherine, distanziamento: i ragazzi dovranno adattarsi per non rendere ancora più complicato il controllo da parte del personale scolastico. Se tutti gli studenti non si adegueranno con rigore alle misure, e potrebbe succedere, i cluster si moltiplicheranno».

Dà per scontato che ci saranno dei focolai nelle scuole.

«Negli altri Paesi l’apertura delle scuole ha portato alla nascita di nuovi focolai. Certo noi partiamo avvantaggiati rispetto a molti altri vicini europei perché il virus, da noi, circola di meno, ma credo che qualche cluster negli istituti scolastici ci sarà. Bisognerà identificarlo subito e isolare le persone coinvolte. Ma non bisogna lasciarci spaventare da questa eventualità, le scuole devono riaprire».

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