«Tutti sapevano ma avevamo paura». Viaggio a Paliano, Colleferro e Artena, dove l’ideologia della prepotenza è diventata legge – Il video

«Verrà il momento della giustizia. Ma verrà anche il momento della riflessione su quello che succede nel nostro territorio». Le voci e le testimonianze dai luoghi in cui il giovane Willy è stato ucciso nella notte tra sabato e domenica

Fascismo, razzismo, violenza cieca. Droga, spaccio, anni di istituzioni mancanti, o forse sopite. Ideologia sì, ma non veramente. Un racconto dei nostri tempi: c’è tutto questo, o forse non c’è niente altro che la “banalità del male” nella morte senza giustificazione alcuna che un ragazzo di 21 anni, Willy Monteiro Suarte, ha trovato nella notte tra sabato e domenica scorsa, picchiato da quattro che sono ragazzi come lui, suoi coetanei.


«Una morte che ci interroga tutti. E un problema “molecolare” che non può essere ridotto a un solo elemento di semplificazione», per Mino Massimei del circolo Arci di Artena, 14mila anime nella Città metropolitana di Roma. Da qui vengono i fratelli Gabriele e Marco Bianchi, 24 e 26 anni, i due fratelli di Artena fermati insieme a Mario Pincarelli, 22 anni, e Francesco Belleggia, di 23, con l’accusa, al momento, di concorso in omicidio preterintenzionale.


Alcune testimonianze li descrivono come la “banda di Artena”: ragazzi abituati a provocare, seminare paura, bullizzare. Ad Artena, Colleferro, Paliano, Velletri, Giulianello. In tutta la zona. C’è chi li ritiene incapaci di picchiare a morte un ragazzo. Dal canto loro, i fratelli Bianchi assicurano di non aver toccato Willy.

OPEN/Angela Gennaro | Piazza Oberdan a Colleferro, dove Willy è stato picchiato a morte

Ci sono risse nel passato di tutti, quattro i fermati. L’aggressione a un vigile da parte di Pincarelli, reo di avere chiesto l’uso della mascherina in un luogo affollato. Secondo altre testimonianze, non sarebbe stato Pincarelli a picchiare per primo, ma di certo alla fine avrebbe avuto la meglio. Anche su questo episodio si sta indagando.

I Bianchi hanno precedenti per truffa e, secondo più voci, anche a loro vicine, si erano occupati, almeno fino a qualche tempo fa, di attività di recupero credito nell’ambito dello spaccio di droga. «Un fenomeno globale su cui manca da anni il dibattito. Che non può partire dalla sola Artena», prosegue Massimei. Artena «è solo uno dei luoghi in cui questa problematica si è verificata, è stata sottovalutata, può verificarsi di nuovo se non si apre un dibattito nazionale e locale».

Una provincia come tante

Una provincia come tante, con situazioni complesse «da un punto di vista di disagio sociale economico e di delinquenza di piccolo e al massimo medio taglio, ma con una diffusione di spaccio e consumo di cocaina molto forte per una cittadina di 14mila abitanti», dice ancora Massimei. Quello che accade non accade mai per caso, «quindi significa che c’è stata una forte sottovalutazione di tutta la complessità della situazione da parte delle istituzioni, delle forze dell’ordine ma anche delle realtà associative».

Ideologie?

«Scemi, questi sono scemi». Paliano, Colleferro e Artena continuano a interrogarsi sul terribile pestaggio di poche notti fa. Forse il colore della pelle, le origini di un ragazzo italianissimo la cui famiglia viene da Capo Verde hanno fatto scattare un’ulteriore molla? «Non lo so. Ma questi erano abituati a picchiare chiunque. Animali. Questi erano animali e basta», dice una signora dopo aver portato i fiori a piazza Oberdan, sul luogo dell’aggressione, alle spalle della caserma dei carabinieri di Colleferro e della centralissima piazza Italia.

Lì dove ora c’è un tappeto di fiori, sciarpe della Roma, lettere, messaggi, un crocifisso, e giovani e meno giovani che si fermano, c’è chi fa il segno della croce, chi fa su e giù senza darsi pace, chi resta fermo e attonito. «Siamo sconvolti – prosegue la signora davanti alle foto di Willy sorridente -. La prima cosa che ho fatto è stato pensare alle mie figlie».

Giada ha 24 anni e viene da Artena. «Certo che sono fascisti e razzisti», dice. «Li conosco, è da tempo che terrorizzano la zona». E perché non si è fatto nulla, non per tempo? «Perché tutti avevano paura. Anche le forze dell’ordine». «Che virilità c’è nell’essere in quattro contro uno», chiosa Fabrizio Priori, un 33enne di Colleferro attivo in termini di associazionismo. «E fascisti o no, non lo so. Di certo è la cultura della violenza». E «a una fascinazione del genere ne va opposta un’altra», aggiunge Mino. «Una battaglia sociale da compiere strada per strada, quartiere per quartiere. Fermo restando che non possono esistere risposte locali a problemi globali».

Paliano

La famiglia di Willy si è chiusa nel suo silenzio a Paliano, nel Frusinate, la cittadina a pochi chilometri dove risiedono: mamma, papà e una sorella di poco più giovane. «Mi ha colpito la grande compostezza e dignità con cui chiedono giustizia per il figlio», racconta il sindaco Domenico Alfieri. Gli amici di Willy domani sera organizzeranno una fiaccolata per ricordarlo. «Nessuna rabbia neanche da parte loro. Mi ha rincuorato». Vuol dire che ci sono dei valori diffusi, continua il primo cittadino. «Sarà il Comune ad aiutare la famiglia per il funerale», spiega ancora. E sarà la Regione Lazio a farsi carico delle spese legali nel processo per il suo omicidio.

OPEN/Angela Gennaro | Paliano

Sotto al Comune tre signori ciondolano. Uno di loro dà la colpa alla movida. «Tutti a casa alle 22, e basta», sorride. «Hanno passato mesi chiusi in casa, per quello. Già i valori sono ormai persi: figuriamoci ora che hanno accumulato tutto quel tempo come chiusi in gabbia». L’altro lo guarda e scuote le spalle. «È un po’ più complesso di così».

Artena e Colleferro

Ad Artena, splendido borgo, c’è il bistrot gestito dalla famiglia Bianchi. È chiuso. Un uomo pelato in macchina rossa non apprezza il fatto che il locale venga ripreso con le telecamere. «È proprietà privata. E non farmi foto. Vuoi vedere che ti faccio?», dice passando davanti al locale e tirando il freno a mano. Poi ci ripensa e se ne va.

«Verrà il momento della giustizia che ha già cominciato il suo corso. Ma verrà anche il momento della riflessione su quello che succede nella nostra città, nel nostro territorio», scrive la sezione di Colleferro dell’Anpi. «Abbiamo gli anticorpi per reagire, per pensare un altro modello di società? Pensiamo di sì e lavoriamo e lavoreremo per questo. Dipende da ognuno di noi e dal nostro impegno».

Lo sport sotto accusa

OPEN/Angela Gennaro | Il centro sportivo a Lariano dove si allenavano i fratelli Bianchi

Sono anche giorni di dibattito sul ruolo degli sport di combattimento e delle arti marziali. I fratelli Bianchi praticano MMA, e tutto il gruppo risulterebbe appassionato di arti marziali. «L’arte marziale è qualcosa che uno pratica per migliorare se stesso, non per potenziarsi in vista di prepotenze», dice Fabrizio Priori. «Possono esserci scuole da cui escono persone arroganti e scuole da cui escono persone che hanno sviluppato uno spirito di coraggio».

Proprio dietro al luogo dell’aggressione c’è una palestra di arti marziali. Il maestro, Liu Peng, la gestisce da otto anni: è a Colleferro dal 2012. Ha più di 100 persone, di ogni età. «Prima di tutto viene insegnato il rispetto. Poi si fa palestra», spiega. L’MMA, aggiunge, non è un arte marziale, «ma uno sport, e anche nello sport si insegna il rispetto. Noi che facciamo kung fu insegniamo prima di tutto amore e sorriso», racconta. Sì, qualche episodio di piccolo razzismo sulla sua pelle racconta di averlo provato. «A volte mi guardano e dicono: “Ecco il virus”. Ma veramente sono episodi rari e insignificanti: questa comunità non è così».

OPEN/Angela Gennaro | La scuola di arti marziali del maestro Liu Peng, Colleferro

Il centro sportivo Millenium, frequentato dai fratelli Bianchi, è a Lariano, a pochi passi da Artena. «Ci occupiamo di raddrizzare la gente, non di storcerla», dice il direttore Alfonso Rossi. Viene da Modena, fa questo mestiere da cinquant’anni e in questi giorni risponde a tutti i giornalisti che lo cercano.

«Ci tengo ad aprire le porte della nostra realtà», dice. «È successa una cosa inspiegabile dal punto di vista del genere umano. Noi abbiamo una polisportiva, e l’MMA è solo una delle nostre attività. Abbiamo un istruttore adeguato, che dà delle regole precise nel rispetto dello sport praticato, come tutte le cose che noi facciamo», prosegue.

Gli sport di combattimento «nascono e hanno una loro cultura: rispettano regole precise. E poi soprattutto ci occupiamo di creare uomini, non persone violente. La violenza viene scaricata in palestra, nel rispetto delle regole». Marco Bianchi è un atleta che ha anche partecipato a competizioni, mentre il fratello «si allena e basta», dice Rossi. «So solo che sono due che si allenano e sono anche di supporto agli altri. Nulla faceva presagire quello che è successo».

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