«The Wrong Place», il documentario che potrebbe riaprire il caso sulla morte di Andrea Rocchelli, il fotoreporter ucciso in Ucraina nel 2014

Al via a Milano il processo di appello. Solo una persona è stata accusata dell’omicidio del fotoreporter e del suo interprete: Vitaly Markov, condannato a 24 anni. Ma secondo gli autori del documentario, probabilmente non è stato il suo plotone a uccidere i due

Il 29 settembre inizia il processo di appello a Milano nei confronti di Vitaly Markov, ex soldato dell’esercito ucraino condannato in primo grado per l’uccisione del fotoreporter Andrea Rocchelli e il suo interprete Andrei Mironov, che morivano il 24 maggio 2014 nell’Ucraina orientale, sul fronte tra l’esercito ucraino e i separatisti filo-russi. Markov, anche lui cittadino italiano, è stato condannato in primo grado a 24 anni dal tribunale di Pavia, la città dove è nato Rocchelli, per aver ordinato agli uomini del suo plotone di aprire il fuoco contro i due giornalisti. Allora, gli investigatori che indavagano sulla sua morte si erano basati su un articolo pubblicato dal Corriere della Sera che conteneva alcune imprecisioni. Anche questa volta una ricostruzione giornalistica potrebbe fare la differenza.


Il posto sbagliato

Mentre a Milano inizia il processo, al Maidan Museum di Kiev è stato proiettato per la stampa il documentario The Wrong Place (Il posto sbagliato), realizzato nel corso di un anno dalla giornalista ucraina Olga Tokariuk e i colleghi italiani Danilo Elia e Ruben Lagattolla, insieme al regista Cristiano Tinazzi. Il lavoro tenta di ricostruire la dinamica dell’uccisione dei due giornalisti e il posizionamento delle forze sul campo, cosa che non è stata fatta durante le indagini: gli inquirenti, che non erano stati nel Donbass, si erano basati princalmente sulle immagini di Google Earth. Geomappando l’area interessata, gli autori del docufilm sono giunti a una conclusione: Rocchelli e Mironov probabilmente sono stati vittime di fuoco incrociato.


Anche se nell’articolo del Corriere pubblicato poco dopo la loro morte venivano riportate le dichiarazioni di un capitano dell’esercito ucraino che raccontava di aver ordinato di sparare contro i due giornalisti, gli autori del documentario sostengono che Markiv – arrestato in Italia nel 2017 mentre rientrava per far visita alla famiglia – in quel momento si trovava troppo lontano. Possibile dunque, come ha sostenuto il governo ucraino, a differenza del Cremlino, che ad uccidere i due giornalisti siano stati i filorussi. Come ha scritto Olga Tokariuk su Twitter, «La giustizia per i giornalisti Rocchelli e Mironov, morti in guerra nell’Ucraina orientale nel 2014, è molto importante. Così come lo è anche il giusto processo per il soldato ucraino Markiv, condannato a 24 anni per il loro omicidio sulla base di prove indirette. Spero che la nostra indagine faccia più luce».

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