Il simbolo di Italia dei Valori ai dissidenti M5s? Un ritorno alle origini. Quando Casaleggio, Grillo e Di Pietro sognavano la stessa «cosa»

L’idea originale era quella di trovare nei Meetup di Beppe Grillo la nuova classe dirigente per il partito di Di Pietro, ma qualcosa andò storto

La scissione nel Movimento 5 Stelle, a seguito del sostegno al governo Draghi, è sotto gli occhi di tutti e i dissidenti hanno bisogno di un simbolo per creare un gruppo parlamentare. Una delle ipotesi sulle quali si lavora ereditarlo da altri e la forza politica più vicina ai Cinquestelle è l’Italia dei Valori, l’ex partito di Antonio Di Pietro. Un ritorno al passato, perché in origine i grillini avrebbero dovuto essere la linfa vitale del partito dell’ex magistrato di Mani Pulite.


La Casaleggio Associati aveva due clienti principali infatti, Beppe Grillo e Antonio Di Pietro. Casaleggio era riuscito a tenere sotto lo stesso tetto due realtà molto diverse sotto certi aspetti, ma simili dal punto di vista ideologico, con l’obiettivo di portare avanti un progetto politico utile a Di Pietro per spazzare via la «vecchia politica». Ma fu proprio quest’ultima, salendo sul carro di Italia dei Valori, a rovinare tutto.


Tra gli eletti del partito di Di Pietro cominciò presto a serpeggiare il malcontento, in molti non comprendevano l’importanza della Casaleggio nel gestire la loro comunicazione. Per pubblicare qualcosa sul sito o addirittura sul Blog di Antonio Di Pietro bisognava prima passare per la società milanese, ma soprattutto da Casaleggio. Inoltre, la presenza di Beppe Grillo come altro cliente core, era considerata da alcuni di loro un simbolo dell’antipolitica se non un danno d’immagine con i suoi «vaffanculo». Ma questi sono solo alcuni dei problemi che spinsero la vecchia guardia del partito dell’ex magistrato a spingere verso la successiva rottura con la società di via Morone 6.

Parlare di vecchia guardia per un partito appena nato come Italia dei Valori, può sembrare curioso. In realtà, per fondare il partito, Antonio Di Pietro si era affidato a politici locali di esperienza, ottenendo così una classe dirigente già formata e preparata. Un punto a suo favore, ma anche una scelta difficile da conciliare con i propositi di rinnovamento morale e politico che IdV nutriva. Lo spiega lo stesso ex magistrato in un’intervista rilasciata a Radio Cusano Campus nel 2018: «Ho trovato persone per bene, che ringrazio, stimo, ammiro e rispetto, ma ho trovato tanti faccendieri che hanno iniziato a fare gli affari propri».

Gianroberto Casaleggio era consapevole di questo problema. Ecco perché riteneva logico trovare all’interno dei Meetup e tra gli attivisti di Beppe Grillo una nuova classe dirigente, proveniente direttamente dalla società civile e non scelta tra i professionisti della politica, per poi iniettarla all’interno del partito di Di Pietro. Tra i primi a sperimentare i tentativi di fusione tra le due realtà fu Sonia Alfano, già candidata alla presidenza della Regione Sicilia con la lista Amici di Beppe Grillo ed eletta nel 2009 al Parlamento europeo tra le fila dell’Italia dei Valori. Insieme a lei un altro nome, quello di Luigi De Magistris, attuale sindaco di Napoli.

Fu proprio questo tentativo di «ingerenza dell’azienda» nella selezione del gruppo dirigente del nuovo partito a portare, poco tempo dopo, al divorzio tra Italia dei Valori e Casaleggio. Sulle ceneri della separazione venne poi fondato il Movimento 5 Stelle, dove inizialmente Casaleggio decise di non commettere l’errore di Di Pietro: mettersi in casa dei politici di professione. E, al contrario, puntare tutto sulla «società civile». I risultati li conosciamo: il M5S ha raggiunto numeri che Italia dei Valori ha soltanto sognato.

Casaleggio credeva sia in Di Pietro che nel Movimento 5 Stelle. La malattia e la morte, avvenuta il 12 aprile 2016, hanno segnato la fine del suo progetto originale e l’inizio delle prime evidenti sbandate in mancanza di una guida, del «Guru», come a qualcuno piaceva definirlo nel bene o nel male. Chissà cosa avrebbe pensato trovandosi di fronte a una possibile alleanza con il Partito Democratico, figuriamoci con la Lega. Forse avrebbe ostacolato tutto ciò preferendo rimanere fuori dai giochi di potere in vista di tempi migliori. Oggi una parte di quel Movimento 5 Stelle non digerisce più questa situazione e la decisione di bussare alla porta dell’Italia dei Valori, anche solo per prenderne in prestito il simbolo, sembra un tuffo nel passato. In quel progetto originale in cui inizialmente tanto aveva creduto il trio Gianroberto, Beppe e Tonino.

Leggi anche: