«Sono stato tentato di fare il mio personalissimo lockdown e di rimanere in silenzio per 2-3 settimane. Se non fosse che in questo momento siamo in una congiuntura particolarmente seria e preoccupante». Massimo Galli, primario del reparto di Malattie Infettive all’ospedale Sacco di Milano, ha parlato della sua presenza in televisione e sui media in generale durante quest’anno di pandemia di Coronavirus. «Declino i quattro quinti delle richieste, pare che tutti abbiate bisogno di riempire i palinsesti e insistiate per avere determinate voci, alcuni per fare corrida e altri per fare informazione seria», ha detto in un’intervista nella serata di ieri, 21 febbraio, a Otto e mezzo.
«Se quello che è stato programmato con tutta l’Europa non si verifica, siamo in un grosso guaio»
In questi mesi che hanno succeduto lo scoppiare della seconda ondata, Galli è stato un sostenitore del lockdown come misura necessaria per contenere i contagi da Covid-19. «Credo di essere sempre stato coerente nelle posizioni che ho portato – ha aggiunto – e molte cose che ho preconizzato si sono avverate. Quello che posso dire è: stiamo attenti in questo momento». Il futuro della pandemia in Italia è legato, per il primario, all’andamento della campagna di vaccinazione. «Se quello che è stato programmato con tutta l’Europa non si verifica, siamo in un grosso guaio», ha detto facendo riferimento ai ritardi nelle consegne delle dosi da parte delle case farmaceutiche – su tutte Pfizer e AstraZeneca.
«Bisogna pensare ad una exit strategy che ci garantisca alternativa»
Proprio per evitare lo scenario peggiore, «bisogna pensare ad una exit strategy che ci garantisca alternativa», ha sottolineato. In merito alla proposta delle Regioni di sfruttare alcune aziende locali per la produzione in casa delle dosi, Galli ha detto: «Sarebbe un piano B ma non sarebbe rapido. La produzione del vaccino non si allestisce in due minuti, gli impianti non sono semplici da mettere in piedi da un giorno all’altro. In ogni caso – ha aggiunto – bisogna cominciare a pensarci. E, anzi, bisognava farlo prima».
Immagine: Ansa/Andrea Canali
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