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Via libera alla dose unica di vaccino per i guariti dal Covid: il ministero della Salute firma la circolare

04 Marzo 2021 - 08:55 Redazione
Una possibilità che non è applicabile ai soggetti con condizioni di immunodeficienza. Il documento è modificabile qualora dovessero diffondersi varianti connotate da un particolare rischio di reinfezione

Ora è ufficiale. Il ministero della Salute ha accolto il parere dell’Agenzia italiana del farmaco e del Consiglio superiore di sanità e ha dato il via libera alla dose unica di vaccino contro il Coronavirus per chi ha già avuto il Covid. Il siero – chiarisce la circolare firmata dal direttore della Prevenzione Gianni Rezza – dovrà essere iniettato in chi è già guarito almeno tre mesi dopo l’infezione ed entro sei mesi. Per l’esattezza, «la somministrazione di un’unica dose di vaccino anti-SARSCoV-2/COVID-19 nei soggetti con pregressa infezione da SARS-CoV-2 – si legge nella circolare – è possibile purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dalla documentata infezione e preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa».

Una possibilità che però – va sottolineato – non potrà essere applicata ai soggetti che presentano immunodeficienze. In particolare, il documento sottolinea che la scelta della dose unica di vaccino «non è da intendersi applicabile ai soggetti che presentino condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici». Il ministero raccomanda per loro la normale prassi vaccinale proposta, vale a dire la doppia dose per tutti i sieri anti-Covid disponibili ad oggi. Questo perché nei soggetti in questione – sottolinea la circolare – non è «prevedibile la protezione immunologica conferita dall’infezione da SARS-CoV-2 e la durata della stessa».

Il ministero lascia comunque aperta la possibilità di modificare queste linee guida alla luce degli effetti delle varianti, ancora poco noti. Dunque la circolare firmata da Rezza chiarisce che le raccomandazioni in merito alla possibilità di somministrare un’unica dose di vaccino ai soggetti che hanno già avuto il Covid «potrebbero essere oggetto di rivisitazione qualora dovessero emergere e diffondersi varianti di SARS-CoV-2 connotate da un particolare rischio di reinfezione».

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