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Vaccini anti Covid, il governo fa slittare il turno dei fragili: «Priorità solo agli estremamente gravi». Ecco chi viene tagliato fuori. Ma è giusto?

12 Marzo 2021 - 06:45 Giada Giorgi
Molti dei malati oncologici, diabetici, cardiopatici e immunodepressi potranno vaccinarsi solo dopo soggetti sani. Il presidente dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica fa chiarezza sui criteri scelti

Giulio ha 43 anni, è paziente oncologico da cinque, non è stato ancora vaccinato. Residente a Milano, ha aspettato finora invano il suo turno da paziente “fragile” e ora potrebbe dover attendere ancora perché non più previsto tra le categorie prioritarie del nuovo piano nazionale anti Covid. Fausto di anni ne ha 59, malato di Parkinson da 10 e cardiopatico, non vede l’ombra di un vaccino da quando a gennaio ha fatto richiesta, anche lui come Giulio da paziente “fragile”. Siciliano di nascita e penalizzato dalla lentezza irrisolta di una campagna vaccinale che lo ha messo da parte, ora potrebbe dover aspettare ulteriormente: la nuova strategia anti Covid non considera più prioritario il suo stato di salute.

Il nuovo piano vaccinale di Mario Draghi è alle porte. Lo sforzo logistico del commissario per l’emergenza Francesco Figliuolo andrà di pari passo con le nuove decisioni prese dal Ministero della Salute in merito alle categorie di popolazione da vaccinare con priorità assoluta. Ma se il precedente piano, dopo over 80, docenti e forze armate, aveva previsto la somministrazione del vaccino ai lavoratori dei servizi essenziali e ai soggetti “fragili” in generale, ora la nuova classificazione vede nel criterio anagrafico la principale linea guida da seguire.

Come cambiano i criteri per la priorità del vaccino

Secondo quanto deciso dal governo, si procederà dagli anziani ai più giovani, senza priorità per categorie professionali di alcun tipo. Per ciò che riguarda i “fragili”, persone cioè affette da una o più patologie gravi, non godranno più in modo indistinto di una priorità sul turno di vaccinazione ma subiranno un’ulteriore suddivisione, che porterà alcuni di loro a slittare alle fasi successive del piano. Appena saranno terminate le somministrazioni a over 80, docenti e forze dell’ordine, toccherà difatti ai cosiddetti «estremamente fragili».

Quelli soltanto «fragili», inizialmente inclusi in un’unica categoria insieme agli «altamente vulnerabili», ora saranno invece previsti dopo ben due categorie di popolazione: la fascia d’età 79-70 e quella 69-60. Una volta arrivati agli under 60, il criterio anagrafico si bloccherà per dare precedenza ai cosiddetti “fragili”, per poi riprendere di nuovo con il resto degli under 60. Ma chi sono i pazienti «estremamente fragili» e chi i solamente «fragili»? E soprattutto, quanto è giusto che i secondi, pur soffrendo di patologie importanti e avendo finora subìto la lentezza dei piani regionali che li prevedevano come prioritari, ora arrivino dopo persone di fatto sane?

Estremamente fragili e “solo” fragili

Secondo quanto spiegato dalla bozza di governo, le persone estremamente vulnerabili sono quelle «affette da condizioni che per danno d’organo preesistente, o che in ragione di una compromissione della risposta immunitaria a SARS-CoV-2, hanno un rischio particolarmente elevato di sviluppare forme gravi o letali di COVID-19». L’elenco prevede 16 categorie più quella delle gravi disabilità «fisiche, intellettive, sensoriali e psichiche».

Diabete, malattie respiratorie, oncologiche, fibrosi cistica, obesità, malattie neurologiche, trapiantati d’organo sono alcune delle patologie prese in considerazione. Per ognuna di esse viene specificato un criterio rispetto al quale definire i pazienti che ne soffrono «estremamente fragili». Per il diabete potranno vaccinarsi già nel mese di aprile i soggetti affetti da diabete di tipo 1, di tipo 2 che necessitano di almeno due farmaci o che hanno sviluppato complicanze. Saranno invece considerati “altamente vulnerabili” solo i malati oncologici con patologia tumorale maligna in fase avanzata «e non in remissione».

Le malattie respiratorie saranno motivo di priorità solo nel caso di fibrosi polmonare o di patologie che necessitano di ossigenoterapia come le fasi avanzate di BPCO (Broncopneumopatia cronica ostruttiva) o infisema polmonare. Per l’obesità verrà preso in considerazione solo un BMI (indice di massa corporea) maggiore di 35, mentre l’insufficienza renale ritenuta grave sarà solo quella che comporta una dialisi cronica. Per i cardiopatici saranno prioritari soltanto i casi di scompenso cardiaco in fase avanzata (III e IV) mentre le uniche due patologie a non subire eccezioni saranno la fibrosi cistica e la Sindrome di Down. In questi ultimi due casi tutti i pazienti sono ritenuti «altamente vulnerabili».

Molte delle patologie elencate per gli “estremamente fragili” compaiono anche nell’elenco dei soggetti “fragili”, posti nell’ordine di priorità dopo la fascia dei 70enni e dei 60enni. Malattie respiratorie, neurologiche, oncologiche, ipertensione, diabete, HIV sono tra le priorità elencate. In questo caso di tratta di soggetti under 60 affetti da una o più delle patologie nominate, «senza però quella connotazione di gravità riportata per le persone estremamente vulnerabili». A questo punto i criteri per stabilire la minore gravità saranno dettati dalle caratteristiche elencate nella classifica degli altamente fragili. Per esclusione tutti gli altri potranno dunque attendere. È la scelta giusta?

«I malati oncologici rischiano, ma la distinzione è giusta»

A rispondere alla domanda è il presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica, dott. Giordano Beretta. In prima linea nella cura dei pazienti malati di cancro presso il Gavazzeni di Bergamo, una delle zone della Lombardia più colpite dall’epidemia, il presidente Aiom fa chiarezza sulla nuova classificazione prevista dal piano vaccinale del governo. «Avevamo chiesto che i pazienti vulnerabili venissero considerati e ci troviamo d’accordo con il tipo di scelta. Bisognerà ora capire come il riferimento normativo diventerà pratica, considerata la lentezza delle somministrazioni riservate alla categoria prioritaria degli over 80. Mi sembra una buona scelta poi anche quella di inserire nella priorità di vaccinazione anche i conviventi dei pazienti oncologici, in alternativa il rischio sarebbe rimasto».

Dottore, il periodo di pandemia ci ha mostrato come i pazienti oncologici siano stati danneggiati dal rallentamento del servizio sanitario. L’attività di screening e di controllo è venuta meno su una delle patologie in cui il tempo è forse uno dei fattori più determinanti. È davvero un bene escludere i “fragili” dalla priorità immediata di vaccinazione?

«I soggetti che non stanno facendo un trattamento immunosoppressivo (chemioterapia per esempio) non corrono un pericolo maggiore rispetto alla popolazione della loro stessa fascia d’età. Al contrario invece di quelli che stanno facendo un trattamento immunosoppressivo e che hanno un tumore in sede, o che sono in trattamento adiuvante perché in rischio recidiva. In questo caso il rischio di complicanza è maggiore per cui bisogna riconoscere priorità assoluta per la vaccinazione.

Per capire ancora meglio, sono da considerarsi soggetti “fragili” e quindi non in priorità assoluta per esempio quelle pazienti impegnate in un trattamento ormonale precauzionale per il tumore alla mammella. Risultano comunque in terapia per patologia oncologica ma di fatto non presentano un rischio aumentato rispetto ai soggetti della loro stessa età che non sono in terapia. La cosa da chiarire è che la fascia d’età dai 70 ai 79 anni, ad esempio, è molto più a rischio di un paziente oncologico che non è in trattamento immunosoppressivo. Può sembrare strano, ma quello che è successo in questi mesi di ondate ce lo ha dimostrato chiaramente: nella classificazione del rischio l’età è fondamentale. Basti considerare la percentuale di incidenza e la sintomatologia che si è verificata sui soggetti più anziani rispetto a quelli anche leggermente più giovani.

Per decidere nella maniera giusta bisogna procedere per classificazione di rischio. Dunque ribadisco che il paziente oncologico non in trattamento immunosoppressivo ha un rischio molto simile a quello dei soggetti della sua fascia d’età privi di patologia oncologica. Per cui dare priorità agli «estremamente vulnerabili» e subito dopo alle fasce d’età più anziane rimane la scelta giusta».

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