Ancora un giorno di violenze in Myanmar: almeno 90 morti dopo gli scontri con i militari. Tra le vittime anche un bambino di 5 anni

Nella capitale si celebra con una parata la giornata delle forze armate. Lo sdegno di Ue, Regno Unito e Stati Uniti: «Stanno uccidendo civili inermi e disarmati»

Almeno 90 persone sono rimaste uccise oggi in Myanmar durante la repressione delle proteste che da settimane infiammano il Paese, in uno dei giorni più sanguinosi dal colpo di Stato dell’1 febbraio. Lo riporta il Guardian, che cita media e testimoni locali. Tra le vittime ci sarebbe anche un bambino di 5 anni, mentre un bambino di un anno sarebbe stato colpito a un occhio da un proiettile di gomma. Intanto nella capitale Naypyidaw i militari celebrano la giornata delle forze armate con una parata e il leader della giunta difende i soldati sostenendo che avrebbero protetto il popolo e la democrazia.


L’Ambasciata Ue: «Giornata di disonore».

Le vittime totali della repressione seguita alla protesta potrebbero superare quota 400 con i morti del 27 marzo. Tra i deceduti di oggi anche un giovane calciatore locale di una squadra Under 21. Le ambasciate dell’Unione europea e del Regno Unito hanno condannato per prime l’uccisione di civili disarmati: «Questa 76esima giornata delle forze armate del Myanmar rimarrà impressa come una giornata di terrore e disonore. L’uccisione di civili disarmati, compresi i bambini, è un atto indifendibile». Poi è intervenuta anche l’ambasciata degli Stati Uniti: «Le forze di sicurezza stanno uccidendo civili disarmati, compresi i bambini, proprio le persone che hanno giurato di proteggere».


L’inviata speciale del segretario generale dell’Onu per il Myanmar, Christine Schraner Burgener, si è detta «profondamente turbata dalle continue violenze commesse dalle forze militari del Paese». Ha quindi chiesto il rilascio di tutti i detenuti, inclusi il presidente U Win Myint e il consigliere di Stato Aung San Suu Kyi, e si è detta «fermamente solidale con il popolo birmano e con il suo incrollabile impegno per la pace e lo stato di diritto». Anche il dottor Sasa, portavoce del CRPH, un gruppo anti-giunta costituito da legislatori deposti, ha condannato la repressione ai danni del movimento pro-democrazia. «Oggi è un giorno di vergogna per le forze armate», la sua dichiarazione.

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