I ragazzi uiguri separati dai genitori e nelle mani della polizia cinese: «Errore della prefettura di Latina». La Farnesina: «Faremo di tutto per portarli in Italia»

A causa (forse) di una svista burocratica Zumeryem, Yehia, Muhammad e Shehide potrebbero non rivedere mai più i loro genitori

«Nasce tutto da un errore della Prefettura di Latina». Un documento inviato all’indirizzo sbagliato, una svista insomma. Ma dalle conseguenze drammatiche: Zumeryem, Yehia, Muhammad e Shehide, quattro ragazzi uiguri, 11 anni il più piccolo 16 il maggior, invece di partire per l’Italia e riabbracciare i loro genitori sono stati presi dalla polizia cinese e internati in un orfanotrofio. Probabilmente discriminati, maltrattati e sottoposti a una “rieducazione” che punta a tagliar via le loro radici etniche e familiari.


Lo hanno raccontato a Open Mihriban Kader e Ablikim Memtinin, scappati dallo Xinjiang nel 2016 per sfuggire alle politiche repressive della Cina contro la minoranza uigura. Arrivati in Italia con i figli più piccoli, hanno aspettato tre anni prima di ottenere dal governo italiano il permesso al ricongiungimento con gli altri quattro figli ancora residenti in Cina. Nel 2020 però qualcosa va storto. Una volta arrivati davanti al consolato italiano di Shanghai con i passaporti i ragazzi hanno avuto una brutta sorpresa: non c’era nessuna traccia della loro pratica per ottenere il visto.


Ai ragazzi, dopo varie minacce da parte della polizia, viene chiesto di lasciare Shanghai e di recarsi all’ambasciata italiana di Pechino. Dopo un viaggio di più di 5 mila chilometri dallo Xinjiang, ne devono compiere un altro altrettanto lungo e faticoso, da soli e con poche cose nello zaino per non destare sospetti. Dal 24 giugno 2020 la famiglia perde però ogni contatto con loro. Scoprirà qualche settimana più tardi che i quattro figli, dopo essere stati interrogati, sono stati rinchiusi in un orfanotrofio.

«Si è trattato di un errore burocratico», chiariscono a Open fonti della Farnesina. Il nulla osta al ricongiungimento era stato rilasciato dalla Prefettura di Latina e inviato a Shanghai. Peccato che l’ambasciata consolare competente fosse quella di Pechino. «L’errore è stato poi individuato e corretto e il nulla osta è arrivato correttamente all’ambasciata italiana di Pechino». Ma per i quattro figli minorenni della coppia, Zumeryem, Yehya, Muhammad e Shehide, è troppo tardi. Si trovano dalla parte sbagliata del Paese. La Farnesina assicura che si sta provando a rimediare all’errore: «Stiamo facendo di tutto per portare i ragazzi in Italia».

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