Ponte Morandi a rischio crollo dal 2013, il controllore intercettato: «Mi hanno chiesto un’analisi, ma io a Genova non ci sono mai stato»

Dalle intercettazioni emerge che Roberto Salvi, dirigente ufficio rischi di Aspi – non indagato – avrebbe dato valutazioni sulla sicurezza del viadotto senza mai fare un sopralluogo

Dal 2013 il Ponte Morandi di Genova era classificato nei documenti di Autostrade per l’Italia, come a rischio crollo, per via delle ritardate manutenzioni di cui la stessa società era a conoscenza. In più l’uomo che si è occupato di stilare il report di valutazione sullo stato del Ponte Morandi, Roberto Salvi, non aveva mai visto il viadotto dal vivo e a Genova non c’era mai stato. «Io non ci ero mai andato a Genova a vedere questo ponte. Mi hanno detto: “Fai l’analisi dei rischi catastrofali”. E io: “ok”», si sente dire nelle intercettazioni tra il membro operativo del risk management di Autostrade e suo padre, il 28 marzo 2019.


Il tono di voce era agitato. Salvi – che non risulta indagato – aveva appena ricevuto la visita della Guardia di finanza: le Fiamme gialle volevano comprendere meglio i criteri alla base del Catalogo dei rischi aziendali di Atlantia. Il dirigente di Autostrade, nello sfogo intercettato con il padre, ha spiegato esattamente quello che cercavano di capire gli agenti: «Mi sono posto il problema e sono andato da quello che si occupa dei ponti. Gli ho chiesto: dov’è che potrebbe avvenire una catastrofe? Lui mi ha aperto il computer e mi ha fatto vedere: “Ecco, qui” – riferito al Morandi -. Finito. È così che è nata”». Il catalogo dei rischi è un elemento ritenuto fondamentale dalla procura di Genova per le indagini.


Il «rischio crollo» nei documenti interni di Autostrade è definito come «basso»

Il rischio relativo all’ex viadotto sul Polcevera, anziché aumentare, con il tempo diminuisce, senza che venga fatto alcun tipo di intervento sul ponte. Nel 2015, addirittura, scompare dal documento la dicitura «ritardate manutenzioni». L’anno dopo, anche il «rischio crollo» viene derubricato, sostituito con la locuzione meno impattante: «perdita di funzionalità statica del viadotto Polcevera». Un’altra questione all’attenzione degli inquirenti è quella relativa alla valutazione del «rischio crollo», ogni anno definito nei documenti interni alla società come «basso».

Per calcolare il rischio, i tecnici si sarebbero dovuti servire dei dati forniti da specifici sensori montati sul Morandi. Apparecchi che, scopriranno in seguito i finanzieri, non esistevano da tempo: erano stati tranciati durante un cantiere in cui lavoravano operai della Pavimental, società controllata da Autostrade. Da lì in avanti, nessuno li aveva più riattivati: «Io ero convinto che ci fossero e che fornissero informazioni alla Direzione di Tronco – giurava Salvi al padre -. Il sensore è come se tu la notte tremi e hai la mano appoggiata a me, io lo sento che tremi. Invece il maresciallo mi ha detto che non c’erano sensori. E mi ha chiesto se questo oggi cambierebbe la mia valutazione. E certo che la cambierebbe!».

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