Stop ai fondi per ReiThera, perché la Corte dei conti ha bocciato il finanziamento di Arcuri – Il documento

Lo scorso 14 maggio la Corte aveva annunciato lo stop ai finanziamenti per la produzione del vaccino italiano

La Sezione centrale del controllo di legittimità sugli del Governo e delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti ha reso note le motivazioni alla base della ricusazione dello scorso 14 maggio del visto e della conseguente registrazione del decreto del Mise con cui è stato approvato l’accordo di sviluppo con ReiThera. L’accordo del 17 febbraio 2021 sottoscritto dal Mise, dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa – Invitalia e dalla Società ReiThera, era volto a sostenere il programma di sviluppo industriale da realizzare presso lo stabilimento produttivo sito in Castel Romano (RM). «In particolare, tale programma prevedeva un progetto di investimento finalizzato all’ampliamento dello stabilimento produttivo sito in Castel Romano e un progetto di ricerca industriale e sviluppo sperimentale destinato a completare la sperimentazione clinica (studi clinici di fase 2 e 3) del vaccino anti Covid-19», spiega la Corte nella nota.


Le motivazioni della Corte dei conti

«La sezione ha ritenuto il progetto di investimento proposto inconciliabile con la condizione posta dall’art. 15, comma 1, del DM 9 dicembre 2014, secondo cui le spese sono ammissibili “nella misura necessaria alle finalità del progetto oggetto della richiesta di agevolazioni” e non, come invece risulta dal progetto presentato, per le finalità generali – produttive o di ricerca, anche per conto terzi – perseguite da ReiThera, né per le ancor più generali finalità di rafforzare la consistenza patrimoniale dell’impresa».


«Il progetto di investimento produttivo, infatti, ai sensi dell’art. 14, comma 2, del citato D.M. non può riguardare l’intero complesso aziendale ma solo determinate “unità produttive'”», precisa inoltre la sezione centrale. «L’acquisto della proprietà della sede operativa della società, sita in Castel Romano (RM), per un previsto importo di euro 4.000.000,00, non attiene alla singola “unità produttiva” – continua la nota – rappresentata dal realizzando impianto di infialamento e confezionamento, come sostenuto dall’amministrazione, ma riguarda l’intera sede dove la società svolge il complesso delle sue attività che ‘nel 2019 ha riguardato essenzialmente attività di ricerca e sviluppo per conto della società controllante Keires A.G.’, come riportato nella stessa Relazione di Invitalia».

La decisione della Corte dei Conti si basa quindi sull’inammissibilità del progetto di investimento costituito dall’acquisto della proprietà della sede operativa della società «che non consente, pertanto – si conclude -, ad avviso della Sezione, al solo investimento rappresentato dalla realizzazione dell’impianto di infialamento e confezionamento, per un importo di euro 7.734.126,68, di raggiungere la soglia minima di 10 milioni di euro prescritta all’art. 5, comma 3, del D.M. 9 dicembre 2014, per la validità dell’investimento produttivo. L’assenza di un valido e sufficiente investimento produttivo, ai sensi degli artt. 5, 14 e 15 del D.M. 9 dicembre 2014, non ha, pertanto, consentito di ammettere al visto di legittimità l’atto in esame».

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