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La Corte costituzionale in Ungheria ha bocciato la «legge schiavitù» voluta da Orbán

23 Maggio 2021 - 12:52 Davide Gangale
La norma consentiva alle aziende di alzare il tetto degli straordinari a 400 ore l'anno, ritardandone il pagamento anche di tre anni. Uno schiaffo per il premier, in vista delle elezioni in programma nel 2022

Nel 2018 la sua approvazione da parte del parlamento ungherese aveva provocato violenti scontri di piazza. Oggi la Corte costituzionale di Budapest, accogliendo il ricorso dei sindacati, ha finalmente abrogato la legge voluta dal premier Viktor Orban, che consentiva alle aziende di alzare il tetto degli straordinari a 400 ore l’anno e di ritardarne il pagamento anche di tre anni. La legge, rimasta in vigore per due anni e mezzo, è stata dichiarata incostituzionale. La Corte ha stabilito che nessuno potrà essere licenziato se rifiuta il lavoro straordinario e che gli straordinari devono essere pagati entro l’anno.

L’innalzamento del tetto degli straordinari, per i lavoratori ungheresi, ha significato nella pratica avere una settimana lavorativa di sei giorni. Oppure lavorare 10 ore al giorno per cinque giorni, senza la garanzia di ricevere il pagamento delle ore in più. La legge voluta da Orban andava incontro alle richieste delle grandi imprese, che lamentavano difficoltà a trovare sufficiente manodopera a fronte di una crescita economica sostenuta. Ma per i sindacati era semplicemente una norma schiavistica, dal momento che anche se gli straordinari restavano su base volontaria, ben difficilmente i lavoratori potevano rifiutarsi di farli pena la minaccia di essere licenziati.

La sentenza della Corte costituzionale obbliga adesso lo Stato ungherese ad abrogare la legge entro il prossimo mese di luglio. «È una sconfitta netta del governo Orban», ha commentato Timea Szabo, presidente del partito verde Parbeszed, tra i firmatari del ricorso promosso dai sindacati. Proprio le proteste contro questa legge e contro le altre norme che hanno trasformato l’Ungheria in una democrazia illiberale colpendo i diritti umani, la libertà di stampa e l’indipendenza della magistratura hanno rappresentato il catalizzatore per la formazione di un’alleanza tra tutte le forze democratiche del Paese, pronta a sfidare Orban alle prossime elezioni in programma nel 2022.

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