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Dalla rivalità Usa-Urss al duello Musk-Bezos, lo spazio è ancora la frontiera dove si afferma il potere

Il primo satellite nello spazio è stato mandato nel 1957. Il 20 luglio il fondatore di Amazon partirà per la prima missione spaziale della sua Blue Origin. Così è cambiata la space race in 64 anni di storia

Un tweet di SpaceX o una foto della superficie di Marte scattata da Perseverance. Ovunque ci si giri, i giornali e i social sono pieni di immagini dallo Spazio e di mirabolanti dichiarazioni di intenti degli uomini più ricchi e potenti del mondo. L’ultimo annuncio è arrivato da Jeff Bezos, proprietario della Blue Origin, che il 20 luglio partirà per lo Spazio a bordo del razzo New Shepard insieme a suo fratello. A febbraio ha affidato la guida di Amazon all’attuale Ceo Andy Jassy proprio per dedicarsi alla space race, suo grande sogno fin da bambino. Il suo rivale più accanito è, ça va sans dire, Elon Musk, il miliardario statunitense che deve la sua fortuna economica alle auto elettriche di Tesla e al circuito di Paypal. Proprio come Bezos, Musk ha deciso di dedicarsi alla realizzazione del suo sogno d’infanzia: entrare e uscire dall’orbita terrestre come in un parco divertimenti. Dallo Sputnik 1 del 1957 alla New Shepard del 2021 di strada – e di storia – ne è passata parecchia.

Usa vs Urss: una questione di principio (da miliardi di dollari)

Tutto iniziò da un boato nel Cosmodromo di Bajkonur e da un sussulto di Eisenhower. Quando l’Unione sovietica lanciò il primo satellite nello spazio – lo Sputnik I -, l’amministrazione degli Stati Uniti d’America tremò. Era l’ottobre del 1957, gli Usa e l’Urss erano in piena guerra fredda e nessuno in America poteva accettare che i sovietici possedessero tecnologie più avanzate di quelle occidentali. Più passavano i giorni, più le cose andavano peggiorando sotto gli occhi del presidente: nel novembre dello stesso anno, l’Unione sovietica lanciò nello spazio lo Sputnik II, che aveva a bordo il primo essere vivente della storia a fare un viaggio fuori dall’atmosfera terrestre, il cagnolino Laika.

Davanti a un’impresa simile, il governo statunitense non poteva restare a guardare. L’obiettivo era oramai solo uno: vincere la sfida tecnologica nello Spazio e affermarsi come superpotenza dominante nel mondo, spaccato in due tra Est e Ovest. E così il 1 ottobre del 1958 gli Usa fondarono la Nasa (National Aeronautics and Space Administration) con l’obiettivo di lanciare un satellite in orbita il più velocemente possibile. Gli investimenti crebbero in maniera clamorosa: si passò dagli 0 dollari investiti nel 1948 ai più di 100 milioni nel 1957. Fino agli inizi degli anni Sessanta, comunque, l’Urss rimase in vantaggio. Tra il 1958 e il 1959 mandarono nello spazio anche Sputnik III e Sputnik IV – quest’ultimo allo scopo di fotografare il lato oscuro della Luna. Nell’aprile del 1961, poi, mandano il primo uomo in assoluto nello Spazio, Jurij Alekseevic Gagarin, a bordo della Vostok 1.

Caro compagno Leonov

Grazie agli investimenti massicci, gli Usa riuscirono a rispondere appena un mese dopo con Alan Shepard, il primo americano ad andare in orbita. Un anno dopo, nel febbraio del 1962, John Glenn divenne il primo uomo statunitense a girare 3 volte intorno alla Terra. La russa Valentina Tereshkova fu la prima donna ad andare nello Spazio nel 1963, ma fu il russo Alexei Leonov, molto amico di Gagarin, a farsi la prima camminata fuori dalla navicella il 18 marzo 1965. Leonov lasciò la capsula per rimanere sospeso liberamente nello Spazio, con una bombola di ossigeno sulla schiena e la tuta spaziale che si gonfiava via via sotto i suoi occhi. Il compagno Leonov aveva «aperto con audacia le porte dell’universo».

Uno sforzo sovrumano in nome dell’orgoglio a stelle e strisce: la missione Apollo

Il ritardo accumulato dagli Usa era un danno catastrofico da tutti i punti di vista. Dopo l’impresa di Gagarin, la Nasa doveva assolutamente vincere la Space Race con un colpo di coda finale: raggiungere la Luna prima degli avversari, che intanto stavano avendo problemi con il funzionamento razzo lunare N-1 dopo la morte del progettista Sergey Korolev. Le energie americane smisero di disperdersi sullo Spazio in generale per concentrarsi unicamente sul Satellite. John Kennedy, in carica dal 1961, avvio ufficialmente la missione Apollo e, facendo appello all’orgoglio a stelle e strisce, chiese uno sforzo sovrumano alla popolazione in termini economici. Bisognava vincere.

Il budget totale della Nasa schizzò a 5 miliardi di dollari l’anno: dieci volte più di quanto potesse fare l’Urss all’epoca. La missione raggiunse un picco di 7 miliardi di dollari di investimento nel 1967, sotto la presidenza Lyndon B. Johnson. Gli sforzi, alla fine, furono ripagati: il 21 luglio del 1969 Neil Armstrong e Buzz Aldrin misero piede sulla sulla Luna e il successo della missione Apollo 11 sancì la vittoria dell’Occidente sull’Urss. Gli interessi di tutti, dopo dieci anni di imprese impensabili, potevano tornare a rivolgersi unicamente agli affari della Terra.

La fine di una space race

Al decennio d’oro dell’esplorazione spaziale novecentesca seguirono anni di disinteresse totale della politica alle missioni spaziali. La scienza andò avanti con le sue ricerche – sempre più economiche -, ma i governi non trovavano più motivazioni abbastanza forti per giustificare ingenti investimenti nelle missioni di esplorazione nei loro programmi. Nessun politico, finita la guerra fredda, aveva più interesse a nominare le grandi imprese extraterrestri nei loro comizi elettorali. Negli Usa, in particolare, la Nasa ha iniziato col tempo ad appoggiarsi sempre di più alle aziende private per i finanziamenti, soprattutto per costruire razzi e navicelle.

.. e l’inizio di un’altra

Nel 2021 l’interesse politico mondiale sul tema è di nuovo ai massimi livelli, ma gli obiettivi sono cambiati. La maggior parte degli Stati che hanno deciso di puntare di nuovo sullo Spazio lo fanno ora per motivi ben precisi: sia la Luna che Marte promettono di essere fonti preziose di energie alternative (come l’elio-3), e tanto la Cina quanto gli Emirati Arabi e la Russia hanno avviato le loro proprie missioni per capire come sfruttare il più possibile il pianeta rosso e il satellite della Terra. Parallelamente, una manciata di super-ricchi americani ha iniziato a vedere nello Spazio un’occasione d’oro per fare profitto (e realizzare, grazie alle loro enormi ricchezze, i loro desideri più intimi). Due nomi su tutti: Elon Musk e Jeff Bezos.

L’era di Bezos contro Musk

Sono i due uomini più ricchi del mondo. Il loro patrimonio varia, soprattutto in base all’andamento delle azioni delle loro società. Eppure entrambi sono lì, in cima alla classifica. Jeff Bezos, con il suo patrimonio da 177 miliardi di dollari. Elon Musk, con i suoi 151 miliardi di dollari. Tra di loro condividono soprattutto due cose: il passato e il futuro. Entrambi hanno avviato le loro aziendenel settore della tecnologia ed entrambi puntano a chiudere la loro carriera da imprenditori con l’esplorazione spaziale. Un orizzonte che però non è esattamente lo stesso.

SpaceX, il sogno di arrivare su Marte

«And I can’t think of anything more exciting than going out there and being among the stars». Sono queste le parole utilizzate da Elon Musk per introdurre Mars & Beyond, la sezione del sito di SpaceX in cui si spiega perché ha deciso di fondare una società per andare sul pianeta più vicino alla Terra. Fondata nel 2002, SpaceX all’inizio sembrava poco più che un vezzo. Una startup di pochi dipendenti, con sede in un magazzino a El Segundo, nel Sud della California. La prima concretizzazione di un sogno di Musk: colonizzare Marte.

Il fondatore di Paypal e Tesla ne è sempre stato convinto: la Terra è un ecosistema troppo fragile per essere l’unico pianeta su cui vive la specie umana. È per questo che già alla fine degli anni ’90 Musk ha cominciato a pensare a Mars Oasis, un programma per colonizzare Marte che partiva dalla creazione di un sistema di serre in grado di permettere alle piante nate sulla Terra di crescere anche su questo pianeta.

YOUTUBE | Elon Musk spiega il progetto Mars Oasis nel 2013

Il primo passo per realizzare questo obiettivo era creare dei razzi che fossero il più economici possibili. E da qui che è partito il programma Falcon, quel progetto che dopo decine di esplosioni e fallimenti ha dato vita al Falcon 9, il razzo che nel maggio del 2020 ha portato alla stazione spaziale la Crew Dragon, la prima navicella con a bordo degli astronauti ad essere lanciata verso la Stazione Spaziale Internazionale da un privato.

YOUTUBE | Uno dei lanci di Crew Dragon

SpaceX ora non è più una startup con la sede in un magazzino a El Segundo. Ha una serie di contratti miliardari con la Nasa, l’ultimo nell’aprile del 2021 da 2,9 miliardi di dollari per costruire l’Human Landing Sistem che riporterà l’uomo sulla Luna con la missione Artemis III. Intanto però l’obiettivo è sempre rimasto lo stesso. Nella missione Artemis III sarà utilizzato infatti un primo modello della Startship, la navicella che un giorno dovrebbe portare l’uomo su Marte.

Blue Origin, il turismo nello Spazio

Gradatim Ferociter. Dal latino, un passo alla volta ma ferocemente. Il motto scelto da Jeff Bezos per la sua Blue Origin. Fondata nel 2000 in un sobborgo di Seattle, le intenzioni di questa azienda aerospaziale sembrano ancora diverse da quello della SpaceX di Elon Musk. Blue Origin, al momento, non punta a nessun progetto di colonizzazione interplanetario. Lo scopo a breve termine è quello di portare dei turisti nello spazio, permettendo a chiunque abbia il portafoglio abbastanza gonfio di volare sopra l’orbita terrestre e godersi il nostro pianeta da una capsula con vetri panoramici.

YOUTUBE | Il lancio di Blue Origin

O almeno, questo è quello che farà Jeff Bezos insieme al fratello Mark il prossimo 20 luglio, quando partirà il primo volo di razzo New Shepard. Il programma di lancio è già definito. New Shepard partirà verso lo Spazio e rillascerà la capsula con a bordo gli astronauti appena sopra la linea Kàrmàn, il confine che separa l’atmosfera terrestre dallo Spazio aperto posto a 100 chilometri dal livello del mare. Il razzo tornerà sulla superficie con un sistema di discesa verticale. La capsula a questo punto sorvolerà la Terra per poi lasciarsi attrarre dalla gravità. Il sistema di frenata è garantito da una serie di paracaduti che si apriranno una volta iniziata la discesa.

Gradatim Ferociter sembra una buona sintesi del modo di procedere di Blue Origini. Basta vedere il numero di lanci effettuati nel corso degli anni. SpaceX ne ha collezionati 113 solo per il progetto del razzo Falcon 9. Il conto di Blue Origin invece si ferma a 22. La scelta di salire a bordo del primo equipaggio di New Shepard segna però una nuova era per Blue Origin. Nei giorni prima del lancio infatti Jeff Bezos lascerà il posto di Ceo di Amazon. Una mossa fatta anche per concentrarsi di più sul lavoro di Blue Origin. L’obiettivo è quello di ridurre il divario che lo separa da Elon Musk. Un passo alla volta ma ferocemente.

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