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Il leghista Crippa vince la causa contro il Museo Egizio per il video-fake in cui denunciava gli sconti agli arabi: «Nessuna offesa o ingiuria»

16 Luglio 2021 - 22:29 Redazione
Secondo i giudici, il linguaggio usato dal leghista è stato «di certo mai offensivo, ingiurioso e turpiloquiale nel legittimo esercizio del diritto di critica politica»

Con sentenza del 22 giugno 2021 – come spiega l’avvocato Davide Perrotta nella richiesta di rettifica e aggiornamento di cronaca giudiziaria inviata alla nostra redazione – la Corte d’Appello di Torino ha dato ragione ad Andrea Crippa, giovane vicesegretario della Lega, che, dunque, ha vinto la causa contro il Museo Egizio di Torino. Come riportato da Open, Crippa, nel mese di gennaio 2018, aveva preso di mira l’iniziativa del Museo che promuoveva la conoscenza della lingua e della cultura araba, offrendo sconti a coloro che parlavano l’arabo, a prescindere dalla loro nazionalità. Così Crippa aveva costruito ad arte una telefonata a un finto centralinista il quale sosteneva che gli sconti fossero riservati alle persone provenienti dai Paesi arabi. Ma così non era. A questo si aggiungeva la “fake news” secondo cui il Museo ricevesse finanziamenti statali. Ma anche questa non corrispondeva a verità. Da qui era scattata la denuncia e poi la condanna del tribunale di Torino con tanto di risarcimento danni da 15mila euro che Crippa avrebbe dovuto pagare al Museo.

Perché Crippa non ha offeso il Museo Egizio

Condanna “ribaltata” dalla Corte d’appello di Torino, secondo cui Crippa ha «legittimamente esercitato il proprio diritto di criticare l’iniziativa di un’importante e prestigiosa agenzia culturale cittadina avente un oggettivo impatto sociale e politico». La conversazione telefonica, poi, «non ha in alcun modo alterato e perniciosamente compromesso la verità oggettiva del messaggio». Il linguaggio usato da Crippa, infine, è stato secondo i giudici «di certo mai offensivo, ingiurioso e turpiloquiale nel legittimo esercizio del diritto di critica politica».

Foto in copertina di Fabio Giuffrida per OPEN

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